APRILE - "LE BELLISSIME – BREVE STORIA ILLUSTRATA DELLE 5000" di Guido BoreaniLa rete tranviaria di Milano è nota in tutto il mondo per le “Ventotto”, le celeberrime “Peter Witt” che sono ormai i più anziani tram in regolare servizio di linea al mondo. Ma Milano, e i suoi tram, non significa solo “Ventotto”. Nei suoi centonove anni di età la rete tranviaria elettrica milanese ha veduto alcune decine di diversi tipi di tram, alcuni di questi di grande interesse. Prendendo spunto dalla recente comparsa su
www.i-ra.org (ex sito Italian RAilfans di Paolo Zanin) della fotografia della vettura 5024 negli ultimi mesi di servizio, desidero parlarvi di questa sfortunata serie di tram che, a mio parere, furono i più bei tram di Milano.
Per cominciare un bel primo piano del caratteristico frontale a due fari della 5022, ripresa in via Pontaccio in servizio sull’Interstazionale dal compianto Carlo Marzorati nel 1964.
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Terminata nel 1930 la consegna delle 500 Ventotto, l’ATM si pose il problema di rinnovare tecnicamente il proprio parco tranviario. Se infatti la Ventotto aveva permesso di eliminare la maggior parte degli ormai vetusti convogli tipo “Edison”, costruiti tra il 1895 e il 1910, dal punto di vista meccanico ed elettrico non aveva portato grandi innovazioni, o perlomeno si rifaceva a una tecnologia risalente a una ventina d’anni prima e non teneva conto dei più recenti progressi, sia in termini di apparecchiature di trazione, sia nel tipo di struttura e di materiali, sia nel disegno dei carrelli. Agli inizi del 1935 l’ingegner Renato Ferrari, all’epoca Capo Servizio Materiale Mobile e Direttore dell’Officina e dei Depositi dell’ATM, iniziò gli studi per un nuovo tipo di vettura tranviaria che facesse ampio uso delle più recenti tecnologie, tenendo contemporaneamente conto delle esperienze pratiche acquisite con la Ventotto. La nuova vettura fu costruita in proprio nell’Officina di via Teodosio e venne terminata nel 1936. Per sottolineare il distacco tra questo tram e i rotabili di tipo più anziano, fu deciso di darle un numero che era quasi un nome, più adatto a un’automobile da gran turismo forse che a un tram: Cinquemila.
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La 5000 era costruita quasi interamente con profilati in leghe d’alluminio collegati a mezzo di bulloni. La struttura principale era del tipo reticolare, con rivestimento esterno in lamierino d’alluminio incollato su pannelli di legno compensato. I carrelli erano dello stesso tipo Commonwealth delle Ventotto. Il telaio principale però era in lamiera saldata anziché forgiato, mentre barre equilibratrici e boccole erano in lega leggera. I motori erano interamente sospesi al telaio del carrello e trasmettevano il moto agli assi per mezzo di giunti cardanici e doppia riduzione. L’equipaggiamento di trazione comprendeva 4 motori tipo Milano 36 da 26 kW orari e un avviatore automatico a contattori elettromagnetici VA Westinghouse. Tanto i motori quanto l’avviatore erano di fabbricazione Marelli. Le dimensioni della 5000 non differivano di molto da quelle della Ventotto:
lunghezza mm. 14110, larghezza mm. 2350, interperno carrelli mm. 7200, passo carrelli mm. 1625, tara kg: 13200
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L’interno della 5000 era particolarmente curato. I sedili trasversali erano imbottiti, disposti su due file sul lato sinistro e su una sul lato destro. Le tendine parasole erano a stecche di legno che riparavano dall’irradiamento senza impedire l’aerazione dell’interno. L’illuminazione indiretta forniva un alto grado di luminosità senza abbagliare. Seguendo gli esperimenti già compiuti su un gruppo di Ventotto, si abbandonò il sistema Peter Witt di pagamento al passaggio, poco adatto al tipo di traffico milanese, impiegando al suo posto il pagamento all’entrata, con salita anteriore e discesa centrale e posteriore. Come sulle Ventotto modificate, la portiera posteriore era larga la metà delle altre.
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Il manovratore disponeva di una vera e propria cabina chiusa da uno sportello che fungeva da parete posteriore e sosteneva il sedile. L’aerazione era assicurata da due prese d’aria situate sul frontale, che mandavano l’aria all’interno per mezzo delle due griglie visibili in alto, e da due aspiratori dinamici sulla piattaforma posteriore. Sparivano anche i predellini esterni, sostituiti da pozzetti interni.
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Ciò che differenziava la 5000 da tutti gli altri tram milanesi era la forma o, per meglio dire, lo styling. Sebbene assolutamente ininfluente alle velocità tranviarie, l’aerodinamica che proprio in quegli anni le automobili mutuavano dagli aeroplani (famosa a questo proposito la carenatura del carrello del CR 32 che i progettisti FIAT passarono pari pari alle loro Littorine), entrava di prepotenza nel tranquillo trasporto urbano con risultati, in questo caso, assai gradevoli. La 5000 conservava tuttavia qualche angolosità della Ventotto, ma se ne allontanava alla grande coll’ampio parabrezza a “V” inclinato, coi doppi fari (mai più visti su un tram urbano a Milano), coi larghi e luminosi finestrini. La coda e il frontale erano perfettamente simmetrici, nei doppi fari e nelle doppie velette in alto, come possiamo vedere in questa immagine, una delle poche esistenti della 5000, scattata al capolinea dell’1 in piazza Luigi di Savoia (Stazione Centrale).
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L’impiego dell’alluminio nella costruzione della 5000 aveva un motivo più politico che tecnico ed era conseguenza della guerra in Etiopia iniziata nel 1935 e delle sanzioni economiche decretate dalla Società delle Nazioni contro l’Italia. Terminata la guerra nel 1936 e cessate le sanzioni, l’ing. Ferrari mise in cantiere un secondo prototipo costruito con struttura reticolare in profilati d’acciaio. Del precedente riprendeva il disegno del frontale e buona parte dell’arredamento, le linee però vennero ammorbidite e arrotondate, con la scomparsa degli spigoli. La “prua” acuminata della 5000 fu addolcita e la piattaforma posteriore venne completamente ridisegnata in quanto nel frattempo si era deciso di adottare la salita posteriore con pagamento all’entrata. I carrelli erano di nuovo disegno, progettati dal TIBB e denominati “Milano 36”, mentre l’equipaggiamento di trazione rimaneva lo stesso della 5000. Le dimensioni furono leggermente variate: la lunghezza e l’interperno scesero rispettivamente a 13645 e a 6552 mm, allo scopo di incrementare la larghezza, che passò a 2388 mm, senza intervenire sull’interbinario. Il passo dei carrelli rimase invariato a 1625 mm. Il nuovo prototipo fu numerato 5001 e denominato “tipo 1937” e venne presentato alla Fiera Campionaria di quell’anno.
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Caratteristica unica della 5001 era la portiera centrale a 4 antine indipendenti e ruotanti, del tipo utilizzato sulle PCC americane, che però ebbe breve durata: in questa fotografia è possibile vedere la 5001 ancora nuovissima e luccicante di vernice fresca mentre sbuca su via Tonale da via Ponte Severo in un’uscita per addestramento conducenti nell’estate 1937, con la portiera centrale già del consueto tipo a 4 ante a libretto.
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Durante il 1937 fu decisa la costruzione di 60 vetture tranviarie di tipo analogo alla 5001. La commessa venne suddivisa per le casse su tre fornitori: Breda (5002 – 5031), Officine Elettroferroviarie (5032 – 5046) e Officine Meccaniche (5047 – 5061). I carrelli furono forniti dal TIBB e l’equipaggiamento di trazione (sempre avviatore VA Westinghouse e motori Milano 36) da Marelli. In queste due immagini la 5013 posa per i ritratti ufficiali nello Stabilimento Breda di Sesto San Giovanni nel 1938.
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La struttura reticolare delle 5000 è ben visibile in questa immagine ripresa a Sesto San Giovanni. L’ossatura completa pesava solo 2500 kg.
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L’arredamento interno non si differenziava da quello della 5000, con i comodi sedili imbottiti e l’illuminazione indiretta. Gli ampi finestrini rendevano l’interno particolarmente luminoso.
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A qualcuno non piaceva, altri, come chi scrive, ne erano affascinati ma le Cinquemila avevano una loro personalità, ben espressa dal caratteristico frontale a due fari. L’ing. Ferrari, o chi per lui, non poteva certo prescindere dalla PCC americana, i cui primi esemplari entravano in servizio proprio nel 1936. Costretto entro vincoli di sagoma ben più ridotti, riuscì comunque a ottenere un risultato altrettanto piacevole; in più la Cinquemila aveva un aspetto leggermente aggressivo, a differenza dell’espressione un po’ bonaria delle PCC. Piazza Duca d’Aosta, 1938.
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Ben riuscito era anche il tondeggiante posteriore, che si può ammirare in questa istantanea della 5059 scattata a piazza Luigi di Savoia nel 1939. Le 5000 vennero assegnate al deposito Leoncavallo che le impiegò per le linee più importanti, 1 e 2.
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Le 60 5000 dovevano essere solo l’avanguardia di un rinnovamento ulteriore del parco tranviario milanese. Già nel 1939 l’ATM prevedeva di ordinare 100 nuove vetture di disegno simile ma con carrelli di nuovo tipo, che si sarebbe chiamato Milano 40. Il successo però dell’articolazione Stanga – Urbinati utilizzato per la prima volta nel mondo sulle motrici 401 – 412 della STEFER di Roma, fece mettere da parte le Milano 40 in favore di un nuovo tipo articolato, Milano 42. Anche di queste vetture era previsto inizialmente un quantitativo di 100 pezzi, poi ridotto a 20 per le contingenze del momento, ma le restrizioni dovute alla guerra resero possibile la consegna, da parte dell’Officina Meccanica della Stanga e TIBB, di solo 5 esemplari, che furono numerati 4500 – 4504. Il “design” delle nuove articolate si rifaceva a quello delle 5000, con alcune piccole varianti che si possono notare in questa fotografia della prima della serie, ripresa nel cortile dell’Officina subito dopo la consegna, nel 1942.
Il frontale delle 4500 permetteva una migliore visibilità al manovratore rispetto a quello originale delle 5000. Nel 1942 fu perciò stabilito di modificare i frontali secondo il nuovo disegno, modifica che non fu possibile portare a termine per i tragici eventi dell’anno successivo. Nell’immagine sono messe a confronto la 5049, con il frontale originale, e la 5021, con il frontale modificato. Si noti come il parabrezza apribile sia stato sostituito dai deflettori laterali. La 5021 porta un paraurti tipo “anticlimber” non di serie, mentre la 5049 ha quello originale. Entrambe le vetture hanno fari oscurati e fasce bianche. I numeri e le scritte sono in foglia d’oro.
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Il periodo aureo delle 5000 era destinato a durare ben poco. Nell’agosto del 1943 i pesantissimi bombardamenti della RAF fecero strage di questi sfortunati tram: su 62 solo 21 rimasero indenni, più altri tre che fu possibile riparare. Il prototipo 5000 andò completamente distrutto, mentre delle altre 37 vetture si poterono recuperare solamente i carrelli che vennero utilizzati nel dopoguerra per allestire la serie 5100. La 4504, consegnata poche settimane prima, andò perduta senza praticamente aver mai circolato. Le 5000 superstiti erano: 5002, 3, 4, 5, 6, 9, 10, 11, 12, 15, 17, 19, 22, 26, 31, 34, 38, 45, 49, 51, 54, più 5018, 24 e 48, danneggiate e riparate come 5000. Nella fotografia una locomotiva a vapore della tranvia Milano – Magenta traina una 5000 e alcuni rimorchi urbani in trasferimento verso un deposito agibile, in via Messina nell’agosto 1943.
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Le 5000 superstiti continuarono a circolare. Vediamo la 5034, ancora con il frontale d’origine, mentre da via Vittor Pisani si appresta a svoltare in viale Pasubio, in servizio sul 7 nell’estate 1946.
La 5015 è invece tra quelle coi frontali modificati nel 1942/43. La vediamo in piazzale Cadorna in sosta al capolinea del 27 nel 1950. La cassa è ancora originale ma osservando i passeggeri si nota che l’arredamento è stato modificato: i magnifici sedili imbottiti sono spariti (saranno montati su autobus), sostituiti dalle consuete panche longitudinali in legno. La decadenza ha avuto inizio.
Anche le 4500 ripresero il servizio. La 4502 rientra in Officina dopo una corsa di prova nel primo dopoguerra. Verso la fine degli anni Quaranta il carrelli originari furono sostituiti con i Brill 97E, forniti dal TIBB, che avrebbero poi equipaggiato anche le 5200 e 5300.
All’inizio degli anni Cinquanta l’ATM avviò un piano di revisione delle 5000, allo scopo di unificarne l’arredamento, di modificare i frontali secondo un ulteriore disegno derivato da quello del ’42, e di apportare alle casse altre modifiche minori. In particolare fu soppressa l’apertura a compasso dei deflettori laterali, la cui tenuta era evidentemente problematica, e furono eliminate le prese d’aria, al di sopra delle velette e sul tetto della piattaforma posteriore. Per tutte l’arredamento divenne con panche longitudinali in legno e l’illuminazione interna fu realizzata con il tipo di lampade unificate delle Ventotto. Fresca di revisione la 5017 sosta al capolinea del 26 in piazza 4 novembre nel 1952.
Le 5000 furono per tutta la loro carriera vetture di Leoncavallo, che le impiegò su un ristretto numero di linee, probabilmente a causa del diverso tipo di velette, di forma trapezoidale e di dimensioni differenti dal tipo standard delle Ventotto, che evidentemente non erano state preparate per tutti i numeri. Prima della guerra facevano servizio sull’1, sul 2, ma anche sul 37 (Ampére-Pacini / piazza 6 Febbraio, linea dall’esistenza brevissima) e probabilmente anche su altre, ma l’evidenza fotografica non esiste. Nel dopoguerra le linee tipiche delle 5000 erano il 17 (Maciachini / Sire Raul), il 18 (Ampére Pacini / Baggio, la più lunga della rete) e l’Interstazionale 25 e 26, ma la linea tipica era il 27 (Stazione Nord / Lambrate, poi piazza 6 Febbraio / Lambrate). Abbiamo già visto la 5015 a piazzale Cadorna, ora incontriamo la 5017 mentre attraversa piazza Bottini diretta a Lambrate nel 1955.
Le 4500 furono assegnate a Ticinese che le impiegava principalmente sulla Circonvallazione. A volte però effettuavano rinforzi sulle linee a maggior traffico, come il 3. La 4501 entra in via Mazzini da via Cappellari nel 1955, diretta a piazzale Abbiategrasso.
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La linea d’elezione delle 4500 era però la Circonvallazione, che condividevano con le 4000 prima, e con le 4600/4700 poi. Vediamo il lato interbinario della 4500 mentre sosta in piazzale Aquileia nel 1956.
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La fascia verde vagone sopra ai finestrini, iniziata con le 5000, fu applicata d’origine alle 5100, 5200, 5300 e 5400, per scomparire poi alla prima verniciatura. Le 5000 non fecero eccezione: ecco la 5054 nell’aspetto definitivo, con tanto di cartelloni pubblicitari, in sosta al capolinea di Baggio nel 1961.
Le 5200, entrate in servizio nel 1952, che erano i primi tram completamente nuovi apparsi a Milano da una decina d’anni e presentavano un’ importante novità: le ruote resilienti. Il miglioramento rispetto alle ruote in acciaio era notevole: per questo motivo l’ATM decise di estendere questa miglioria alle vetture munite di avviamento automatico, le Ventotto APN, le 5000 e le 5100. La modifica fu attuata tra il 1954 e il 1957 e comportò l’installazione del freno reostatico per evitare il surriscaldamento delle ruote provocato dalla frenatura a ceppi. Le 5000 erano anche munite dall’origine dei pattini per la frenatura rapida, segnalati dal triangolino rosso orlato di bianco applicato in coda e visibile in questa fotografia della 5003 che svolta da corso Como in via Ferrari durante la costruzione della nuova stazione Garibaldi, nel 1962. La Ventotto è la 1966.
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Le 5000 erano silenziose e veloci, ma condividevano con le APN l’antipatia del personale di guida che trovava difficile controllare il freno reostatico con gradualità. In più erano soggette a guasti ed era facile incontrare, nelle vicinanze dell’Officina, una 5000 con il cartello “vettura in prova” dopo una riparazione, come nel caso della 5031 che svolta nel 1959 in via Porpora da via Lulli sul binario appena posato dopo lo sfratto delle linee tranviarie da corso Buenos Aires e piazzale Loreto.
La Cinquemila non aveva un frontale o un muso, ma, oseremmo dire, una faccia. Dobbiamo dare atto all’ATM per aver sempre evitato certe discutibili ricostruzioni delle casse che hanno invece deturpato i tram torinesi, parte delle MRS di Roma e tutti i tram napoletani. Anche le modifiche apportate alle 5000 non ne stravolsero l’aspetto, anzi, forse lo migliorarono. La 5012 percorre via Vittor Pisani sotto la neve diretta a Baggio sul 18, nel 1965.
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Così le abbiamo conosciute e così le ricordiamo. Alla prima grande contrazione della rete tranviaria conseguente all’apertura della seconda linea metropolitana, per le 5000 e le Ventotto APN non c’era più posto. Dopo un breve periodo in cui uscivano di rimessa solo per effettuare rinforzi, solitamente sul 4, 20 e 24, le 5000 furono vendute a un commerciante di rottami metallici e demolite, tra il 1975 e il 1976. La 5024 svolta da via Pisani in viale Vittorio Veneto nel 1963.
Ma le Cinquemila riuscirono a entrare nella leggenda: la 5003 fu ceduta all’ATAN di Napoli che intendeva verificare la circolabilità di questi tram in previsione di acquistarli tutti per la propria rete. Purtroppo la larghezza risultò eccessiva e non se ne fece niente, ma la 5003 rimase a lungo accantonata a Napoli e fra gli appassionati, non solo milanesi, circolava voce che fosse stata acquistata da un ristorante, a Mergellina o Fuorigrotta, che ne utilizzava il frontale come ingresso. Sembra anche che qualcuno abbia esplorato lungamente la città nella vana ricerca dell’ormai leggendaria 5003. Che, ahimè, era stata demolita. Diamo l’addio alle Bellissime con questa immagine della 5049 in piazzale Oberdan nel 1964.
Anche le quattro orfanelle, le 4500, furono precoci vittime dello sfoltimento del parco tranviario. Verso la fine degli anni ’60 furono accantonate e vendute per demolizione. Le carcasse di 4502 e 4503 esistevano ancora alla fine degli anni ‘80, in stato pietoso, presso un demolitore della Bergamasca. Un addio anche alla 4503 in piazza Tricolore nel 1964.
Aggiornamento 2023Dal 2002 ad oggi ho reperito diverse altre immagini che ho pubblicato sul sito ed altre che nel tempo saranno online. Propongo una selezione qui: