Autore Topic: Photorail: gli articoli mensili del 2006  (Letto 864 volte)

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Photorail: gli articoli mensili del 2006
« il: 01 Marzo 2025, 19:57:14 »
GENNAIO - "Il raccordo Bemberg"

La Bemberg è una conosciuta e rinomata società italiana del settore tessile, attualmente impegnata nella produzione di fibre di Cupro, Acetato e Viscosa. La società possiede tre siti produttivi: a Magenta, a Rieti e a Gozzano (NO). Proprio in questa ultima località esiste il polo tutto dedicato alla produzione e tessitura del cupro, materia tessile ricavata dalla cellulosa e dalla filatura di alcune parti del cotone. Questa tecnica è nata in Germania a fine '800 ma in Italia è arrivata solo nel 1927, proprio con l'apertura dello stabilimento di Gozzano, realtà industriale con la quale da allora la cittadina in provincia di Novara ha sempre convissuto e vissuto. Fin dalla costruzione di questo impianto, la società tessile pensò di ricevere le materie prime via ferrovia e spedire i filati per lo stesso mezzo. Nel 1926 infatti furono avviati i lavori per la costruzione del raccordo con la vicina stazione FS di Gozzano, posta sulla linea Novara-Borgomanero-Domodossola.

Il raccordo Bemberg nasce al'interno di uno stretto cortile dell'azienda - dove esistono due binari di ricovero, ne fuoriesce attraverso un portone in via Beltrami attraversandola con un PL protetto da sbarre girevoli. Prosegue rettilineo a lato di via Insorte e affronta una stretta curva verso sinistra, fra alberi e alcune case. Qui - in una leggera trincea - si connette con uno scambio ancora esistente - ad un altro binario che fino al 1991 serviva un deposito carburanti dell'Esercito. Questo raccordo è oggi completamente abbandonato e molti alberi crescono sul sedime fra le traversine del binario ancora esistente. I lavori di costruzione per il nuovo raccordo Bemberg nel 1926 finirono qui, con una posa di nuovo binario di soli 450 metri. Questo perchè da questo bivio fino alla stazione FS di Gozzano un binario già esisteva e sin dal 1886. In quell'anno infatti venne costruita un breve linea ferroviaria in esercizio a privati che collegava Gozzano ad Alzo, passando per i paesi di Cremosina, Pogno e S.Maurizio d'Opaglio. Proprio nell'area di quest'ultimo comune esistevano da tempo alcune cave di granito, il cui trasporto fu l'unica vera motivazione di apertura di questa linea. Le informazioni su questa linea sono scarsissime: esistevano due locomotive a vapore rodiggio B, due sole carrozze a due assi e alcuni pianali per il trasporto del granito estratto. Ogni treno circolante era misto: la prevalenza del traffico merci di estrazione era evidente anche solo da questa informazione. Quando a metà anni '20 l'autotrasporto cominciò a farla da padrone, il destino della Gozzano-Alzo era già segnato: con la sua chiusura nel 1924 si conquistò il primato di essere una delle prime ferrovie in assoluto a cessare servizio in Italia per la concorrenza su gomma! Quasi tutti gli impianti vennero smantellati, le stazioni vendute o demolite. Rimangono ancora oggi alcuni fabbricati riutilizzati diversamente, fra cui la rimessa del deposito di Alzo, ma nulla più.

Il binario e la sede del primo tratto sono invece rimasti in loco in attesa dell'arrivo della Bemberg, che si trovò la seconda parte di linea (dal bivio a Gozzano FS, altri 650 metri circa) quindi già pronta. Questo tratto è quasi tutto in rettilineo: sempre in lievissima trincea fra alberi e villette, raggiunge e attraversa la SS 229 con PL a sbarre girevoli, prosegue sempre in rettilineo fra recinzioni di case private e piccoli vicoli, attraversati con una sequenza di PL senza barriere. Alla fine il binario affianca la linea FS proveniente da Omegna e da qui prosegue appaiato fino a terminare in un piccolo scalo con raddoppio dove i carri vengono scambiati dalla loco FS titolare del merci e dal Badoni che presta servizio sul raccordo. Il traffico è attualmente di sole cisterne cariche dei solventi necessari alla produzione del cupro, fino a qualche anno fa venivano manovrati anche carri chiusi col prodotto finito, che viene ora spedito via camion a causa della sempre più disastrosa situazione organizzativa della Cargo/DGOL della zona. La tradotta Novara-Gozzano non esiste più da anni. Fino al 2002/2003 veniva utilizzato il merci Novara-Romagnano Sesia-Borgomanero-Novara che prevedeva - in caso di necessità - apposita traccia oraria supplementare Borgomanero-Gozzano-Borgomanero. Attualmente i carri arrivano seguendo il merci Novara-Romagnano-Novara. Se ci sono carri da o per la Bemberg viene creata un'apposita traccia straordinaria (NCLS) da Romagnano a Gozzano via Borgomanero e ritorno.

Tutti questi servizi sono sempre stati appannaggio delle D.345 novaresi/alessandrine, anche ora che la linea di Gozzano è elettrificata. Il Badoni arancione che presta servizio sul raccordo è invece del tipo VI, costruito intorno al 19XX, di provenienza incerta. Il servizio era molto regolare fino ai primi anni '90, quasi giornaliero. Ora invece vedere quel convoglietto sulla "fu Gozzano-Alzo" è cosa rara: la Bemberg ha recentemente attraversato alcuni momenti di difficoltà. Ora sembra si sia stabilizzata la situazione, ma la gestione merci DGOL inadeguata e la maggiore elasticità dell'autotrasporto causano come riflesso una assoluta irregolarità nell'effettuazione delle tradotte lungo il raccordo. Queste se avvengono, sono al primo pomeriggio, normalmente nei soli giorni di mercoledì oppure giovedì. Armatevi di pazienza e fortuna e buone foto! Le mie che vedete in questa pagina arrivano dopo un'attesa durata alcuni......anni!


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Stefano "Praz©" Paolini


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #1 il: 01 Marzo 2025, 20:07:12 »
FEBBRAIO - "Ragusa e i treni"

La bellissima città barocca di Ragusa, nella Sicilia sud-orientale, è servita dalla ferrovia sin dal 18 Giugno 1893. In quella data fu infatti inaugurata la tratta Comiso-Modica, facente parte di un più lungo itinerario che ancora oggi circumnaviga tutta la parte a sud della Sicilia, da Siracusa fino a Licata e poi oltre fino a Canicattì. L'apertura di questa lunga tratta di 264 Km avvenne per tappe, a partire dal 1886. Proprio la parte fra Modica e Ragusa fu la più difficile e complicata da costruire, a causa dell'orografia della zona: la ferrovia da Siracusa dopo aver passato le stazioni di Pozzallo e Ispica, piega a nord per infilarsi in uno stretto vallone roccioso in cui si trova Scicli e la sua stazione. A mezzacosta, fra gallerie e ponti, il binario serpeggia da un lato all'altro del vallone che in alcuni punti assume connotazioni da vero e proprio canyon americano. Sempre diretta verso nord, la linea giunge a Modica - altro bellissimo centro di interesse storico/artistico - passando poco prima di entrare nella bella stazione in curva sotto all'altissimo viadotto della Statale.

A Modica il piazzale è abbastanza ampio, perchè sede di scalo merci e fino agli ultimi anni '70 di Deposito Locomotive. Infatti per il servizio di spinta sulle dure rampe di questa linea, il Deposito di Modica ha avuto in dotazione le ultime locomotive a vapore del gruppo 740 attive in Sicilia, fra le quali la 244 ora usata per servizi storici fra Sicilia e Calabria. Appena ripartito da Modica, il treno s'infila in una lunga galleria che sottopassa la città fino a sbucare in un vallone parallelo a quello tenuto finora dalla ferrovia. Qui la linea prosegue ancora verso nord lungo il corso del fiume Irminio, che sovrappassa con un ponte metallico poco prima della stazione di Ragusa Ibla. Questa stazione - un tempo chiamata Ragusa Inferiore - è dotata di torre acqua e ampio scalo perchè anche qui stazionavano le locomotive che eventualmente erano da aggiungere in spinta ai treni in salita verso Ragusa. Poco dopo aver lasciato questa stazione, il binario piega decisamente verso ovest fino a compiere una curva di 180° e in direzione sud infilarsi in galleria sotto la rupe che sostiene la città barocca. L'uscita di questa lunga galleria in curva e forte salita è appena sotto Ragusa, in una stretta gola dominata dalle case della città. Appena uscito, il treno passa sotto una brevissima galleria con portali in roccia viva e si infila nuovamente in un'altra lunga galleria in curva e salita che con un elicoide in parte scoperto porta i binari alla quota della città. Nella parte aperta di questo tornante si può godere di una vista impareggiabile su tutta la città vecchia, che "assiste" al passaggio dei treni sul tornante come in una ripresa cinematografica.

Con una ulteriore curva la linea si riporta ancora in direzione nord e giunge finalmente in stazione di Ragusa. Lo scalo ragusano dispone di un ampio scalo merci e di solo due binari per il traffico passeggeri. Tutta la stazione è posizionata leggermente in curva. La linea per Canicattì prosegue da qui ancora con una curva che riporta i treni verso sud e poi verso ovest, dove il binario unico prosegue con andamento più tranquillo verso Genisi, Donnafugata (ottimo luogo di viticultura) e Comiso. In uscita da Ragusa fino al 1948 esisteva un binario a 950mm affiancato alla linea FS che portava i trenini a vapore della SAFS con un lungo tragitto di aggiramento attraverso Villa Pozzi e Santa Rosalia ad affiancare la strada statale 194 in direzione nord fino a Bivio Giarratana. Qui ancora verso nord  si arrivava a Vizzini, in una stazione il cui edificio esiste ancora oggi di fronte alla stazione FS della linea Catania-Gela. Prendendo invece il ramo verso ovest con un percorso travagliato si arrivava fino a Siracusa.

Sulla linea hanno prestato servizio locomotive a vapore della RS dalla potenza assai scarsa, sostituite negli anni '20 dalle prime 740. A metà anni '30 arrivarono le prime ALn.56 FIAT e da allora quasi tutti i servizi passeggeri furono affidati alle Littorine. Al vapore rimasero in carico i numerosi treni merci e il servizio con carrozza diretta da Roma per Vittoria via Siracusa. Le generazioni successive videro l'arrivo delle ALn.668.1500 e 1600 FIAT e delle locomotive diesel D.343 e D.443 al posto delle vaporiere. Il servizio diretto da Vittoria per Roma, poi ridotto al Ragusa-Roma negli ultimi anni era composto da una o due carrozze X al traino di D.343. E' stato soppresso col cambio orario del 1998. Il traffico merci è sempre stato caratterizzato da forti carichi in periodo di raccolta ortofrutticola o vinicola, con treni derrate diretti al nord e anche all'estero. Dagli anni '50 si aggiunse il carico del polo petrolchimico di Gela, con carri cisterna e container in tempi più recenti. Le doppie e triple trazioni in testa ai merci sparirono da Ragusa e da questa linea quando nel Novembre 1979 aprì il tratto - in costruzione sin dal 1928 - Caltagirone-Gela della linea proveniente da Catania. Con questo itinerario più breve e più moderno fu possibile evitare il lungo giro siracusano e da allora rimasero solo i treni derrate. Con la tendenza dei trasporti merci negli ultimi decenni, sparì anche questo genere di merce e una sola coppia di merci con carri di varia tipologia rimase a percorrere questi assolati e silenziosi paesaggi. Lo spettacolo offerto da una coppia di stanche 668 o da un merci neanche troppo pesante in pieno sforzo sul tornante di Ragusa rimane unico.

Dal Settembre 2004 l'ultimo merci che da Ragusa proseguiva verso Ispica ha cambiato periodicità di effettuazione e da Gennaio 2006 è stato definitivamente soppresso, lasciando Modica, Ispica e il nostro panoramico tratto completamente sprovvisto di treni di questo tipo. Nonostante questo i treni con D.343/443 arrivano 3 volte a settimana a Ragusa, provenienti da Gela e Comiso. Il traffico attuale è caratterizzato da lunghe teorie di carri chiusi Gabs diretti alla Enichem/ANIC, che possiede un lungo raccordo collegato alla stazione FS lato Modica. Il binario del raccordo lascia l'area FS attraverso un varco e una breve trincea in curva in direzione sud. Attraversa poi via Spadola e segue in sede separata il lungo viale in discesa che conduce alla Zona Industriale. Le tirate sul raccordo sono in carico ad una locomotiva a 3 assi ricostruita dalla IPE, che si muove in genere di prima mattina. Ragusa coniuga molteplici aspetti per meritarsi una visita: ottimi spunti culturali e artistici, cucina rinomata e vini pregiati e splendidi paesaggi da cogliere nei nostri scatti ferroviari. Periodo migliore per una visita è la primavera o l'autunno e quindi: buon viaggio!































Stefano "Praz©" Paolini


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #2 il: 02 Marzo 2025, 11:57:56 »
MARZO - "La ferrovia Prealpina" di Claudio Vianini

Introduzione

I grandi progetti ferroviari avviati e finanziati in questi tempi riguardanti l’alta velocità da una parte (in particolare la Torino-Lione) e le trasformazioni e rifacimenti dei trafori del Gottardo e del Lötschberg dall’altra, fanno tramontare definitivamente un progetto riguardante un percorso alternativo, dimenticato da tempo, il collegamento diretto tra Torino e il Sempione, conosciuto nel passato come ferrovia prealpina. Eppure, come vedremo, esso ha fortemente condizionato lo sviluppo della rete ferroviaria in Piemonte e nel novarese in particolare e ancora oggi avrebbe un senso ripescarlo, perlomeno in parte.

Le Vicende

I progetti per la costruzione di un sistema ferroviario in Piemonte si susseguono parallelamente all’insediarsi e al consolidamento del Regno di Sardegna prima, e del Regno d’Italia poi. La prima direttrice imposta dai mercati coinvolgeva Genova con il suo porto e la possibilità di collegarlo all’interno. Inizialmente l’intendimento è di raggiungere il Po o la Lombardia. Si tenga conto però che contemporaneamente si sviluppa molto rapidamente il porto di Marsiglia, con le ferrovie già operative per la Svizzera e la Germania. C’è anche la concorrenza di Venezia ben presto collegata per ferrovia a Milano. Allora le intenzioni si ampliano ipotizzando collegamenti verso i laghi e oltre le Alpi, per giungere in Svizzera e nei mercati dell’Europa centrale.


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Sotto il regno di Carlo Alberto nel 1837 è costituita la prima Commissione con il compito di esaminare le proposte. Una linea diretta per Alessandria, Novara e la Lombardia sarebbe il collegamento più efficace, ma taglierebbe fuori Torino, quindi la soluzione è di un progetto di una linea per Alessandria, da cui si sarebbero diramate due direzioni per Torino e per Novara e il Lago Maggiore. A quasi vent’anni dall’insediamento della Commissione, tra il 1854 e il 1856, le linee Genova-Alessandria-Torino e Alessandria-Novara sono inaugurate; il tratto per Novara vede molte controversie per il tracciato e, considerando anche che siamo nel pieno del Risorgimento e delle guerre d’Indipendenza, si spiega un tempo così lungo per l’attuazione di direttrici così importanti. Il proseguimento da Novara al Lago Maggiore vede altrettante controversie. Si prevede una connessione con Momo e poi una diramazione per Arona e, lungo il lago d’Orta, per Pallanza. La linea è caldeggiata dagli imprenditori locali, ma i costi sembrano eccessivi e si opta invece per una linea diretta via Oleggio verso Arona. Anche questa tratta vede a luce nel 1855. Il lago è così raggiunto, e sono possibili trasbordi della merce con i battelli e le chiatte. Con l’avvento del Regno d’Italia, il Piemonte è dotato di una fitta rete di linee, la più densa del paese, e nella sola provincia di Novara (che allora accorpava Vercelli, Biella e l’Osssola) è in funzione un settimo di tutta la rete nazionale, vale a dire oltre 260 km. Il tracciato della linea della Valsesia conosce tempi lunghissimi di attuazione, il progetto iniziale è del 1856 e l’inaugurazione della linea è solo del 1886. In ogni caso, il fabbricato di Varallo è disposto a lato dei binari in vista di un proseguimento della linea. La prospettiva della ferrovia prealpina, l’interesse degli industriali della zona ormai convinti dai vantaggi del nuovo mezzo e la necessità di prolungare la linea verso altre mete e renderla più efficiente promuovono nuovi progetti. Nel frattempo nel 1880 era stata terminata la tramvia da Vercelli ad Aranco, nei pressi di Serravalle, in sostituzione del progetto ferroviario originario.


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La Vercelli-Aranco fa parte delle linee tramviarie vercellesi, che costituiscono un fitta rete di comunicazione minore, economica ed efficiente. Passando in rassegna i vari progetti, notiamo in particolare il tracciato della prealpina, impegnativo tecnicamente. Esso richiederebbe molteplici tratti in galleria prendendo di taglio diversi costoni. Dalla Valsesia alla linea del Sempione si progettano molti percorsi alternativi di cui menzioniamo le due soluzioni più realistiche e interessanti, il percorso Roccapietra-Omegna e il progetto Biglia previsto a scartamento ridotto. In entrambi i casi è da rilevare anche l’intento localistico di collegare la Valsesia al bacino del Cusio indipendentemente da percorsi a lungo respiro. In alternativa alla prealpina viene redatto un secondo progetto che prevede un taglio di 6 km sotto la Serra d’Ivrea. Il percorso segue poi l’andamento del terreno passando per Cossato (questo tratto sarà effettivamente costruito dalle FEB a scartamento metrico italiano), raggiunge Crevacuore, poi incrocia la nostra linea arrivando a Gozzano dove si innesta finalmente sulla linea del lago.  Merita un accenno pure la linea Varallo-Alagna. Il progetto prevedeva la trazione elettrica. Si arrivò quasi in porto risolvendo i problemi connessi all’alimentazione elettrica, espropriando anche l’area della stazione capolinea che sarebbe dovuta sorgere di fronte a quella della Varallo-Novara.

Di tutti questi progetti si attuarono:

·        la ferrovia di Vallesessera;

·        il brevissimo tratto Gozzano-Alzo;

·        la Biella-Masserano.

Nessuna di queste linee oggi è ancora esistente e quindi non esiste un collegamento ferroviario diretto tra Biella e la Valsesia, né tanto meno tra Torino e il Sempione. Per quanto riguarda la Grignasco-Coggiola, o ferrovia di Vallesessera, essa fu costruita lungo un percorso che costituiva una parte dei progetti descritti in precedenza. Una siffatta linea, mai estesa, né completata, e per giungere almeno fino a Biella ci sarebbe voluto poco, si rivelerà ben presto un ramo secco. Si tenga conto che anche in questo caso assistiamo a tempi biblici per la realizzazione: ideata nel 1883 la linea vide la luce solo nel 1908. Stiamo parlando di uno sviluppo complessivo di 14,503 km, con una pendenza massima del 17 per mille e un armamento leggero di 27.6 kg/m. Della Gozzano-Alzo e dei suoi quasi 8 km, il ramo fu secco appena inaugurato. L’uso della linea fu confinato al trasporto del granito e in nessun modo fu previsto un servizio regolare passeggeri. Con un po’ più di lungimiranza poteva essere inscritto nel disegno complessivo di collegamenti più razionali tra il lago d’Orta e la Valsesia stessa. Per quanto riguarda la Biella-Masserano, facente parte della rete FEB a scartamento ridotto, è interessante rilevare il concorso pubblico alla sua realizzazione, una vera e propria colletta popolare effettuata nel 1929; la sua realizzazione fu attuata in previsione di un collegamento verso Gattinara dove si sarebbe dovuta innestare alla tramvia da Vercelli. Con la cessazione progressiva di tutte le linee FEB, anche questa, anziché svilupparsi ulteriormente ed avere uno sbocco che ancora oggi potrebbe essere impiegato, si estinse.

Prospettive

Scrivo allora queste considerazioni finali convinto che non se ne farà mai assolutamente nulla. Della prealpina, tanto desiderata nell’Ottocento, non si sente più parlare. Novara insiste infatti più su Milano che su Torino, nonostante la nuova linea TAV di collegamento diretto, i traffici commerciali internazionali prendono altre direttrici, si pensi agli importanti collegamenti ferroviari e stradali con la Francia. Il traffico stradale raggiunge punte insostenibili sia in Valsesia, sia lungo la statale che collega la valle al biellese. La linea per Varallo è in odore di chiusura, molte corse già oggi sono effettuate da autobus sostitutivi. E allora, varrebbe la pena di riconsiderare almeno due direttrici: un collegamento diretto tra Ivrea, Biella e la Valsesia; pochi costi e uno sbocco da Novara alternativo alla Novara-Biella; il proseguimento della ferrovia da Varallo almeno fino ad Alagna, se non per Gressoney o Cervinia; si pensi al richiamo per gli sciatori nella stagione invernale, con orari pensati appositamente. Faccio notare che linee simili funzionano perfettamente in Svizzera da almeno cent’anni (!): perché loro sì e noi no?
Stefano "Praz©" Paolini


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #3 il: 02 Marzo 2025, 18:35:16 »
APRILE - "Un viaggio in val di Sangro"

Il primo contatto col mondo della Sangritana, gestita dalla FAA Ferrovia Adriatico Appenino, lo ebbi nel 1992 in occasione di un viaggio fotografico in centro Italia. Viaggiavamo in auto e toccammo solamente alcune località lungo la linea. Questo già bastò a far scatatre in me la molla del desiderio di un approfondimento su questa ferrovia, così lontana dal canone moderno di "treno" e quindi così affascinante. Già nel 1993 tornai sui miei passi, questa volta in treno, e potei godermi un viaggio lungo le linee della Sangritana.

Arrivato a Lanciano la sera, trovai riposo in un albergo di questa città giovanile e movimentata. Alla mattina presto ero già in stazione, con un pò di anticipo prima della partenza del mio locale per Castel di Sangro, prevista poco dopo le 6.00. La stazione di Lanciano è una somma di aspetti tecnico-ferroviari che ogni modellista vorrebbe unire su un diorama: lunghezza dei binari contenuta, piazzale curato e esteticamente ben tenuto, fabbricato importante, deposito e tanti mezzi parcheggiati. L'Ing. Besenzanica quando progettò questa ferrovia le diede quel tocco di importanza che ancora oggi si prova entrando su questo piazzale. Sul secondo binario è parcheggiato il mio treno, costituito da una sola elettromotrice Stanga/TIBB col caratteristico design anni '50 nel tipico colore grigio/verde che questi mezzi rivestono già dalla fine degli anni '70, al posto dell'elegantissimo bianco/blu portato sino ad allora (1). Salgo a bordo della ALe, che fuori porta la tabella di destinazione scritta in eleganti caratteri in corsivo. A bordo prendo posto negli ambienti essenziali e sui sedili imbottiti, notando che oltre me posso contare solo un altro viaggiatore e la coppia di ferrovieri alla guida. In orario il capostazione ci accorda la partenza, l'unica porta a libretto si chiude e il suono di tromba grave e così tipico rimbomba fra i palazzi di una cittadina ancora addormentata. Appena partiti affrontiamo una serie di curva a mezzacosta su alcune colline alle spalle della città, accompagnati da un continuo e fastidioso sibilo dovuto allo sfregamento dei bordini delle ruote contro le rotaie in curva. Questa caratteristica ci accompagna per tutto il viaggio. Bisogna infatti ricordare che la linea attuale è frutto della trasformazione di una precedente pensata a scartamento di 950mm, costruita fra il 1912 e il 1915 ed elettrificata solo nel 1924. Le economie del primo dopoguerra imposero un semplice allargamento dello scartamento a scapito della velocità e ora questa scelta si rimpiange largamente. Il rarissimo traffico merci - abbastanza presente fino almeno a metà anni '70 - ha sempre dovuto pagare pegno a questa scelta, a causa del limite di circolazione dei carri merci. Solo quelli con il passo più corto erano ammessi, con limiti di velocità intorno ai 20km/h nientemeno! Mentre penso a questa situazione, la mia ALe prosegue tranquilla il suo viaggio, incurante della velocità, ondeggiando su rotaie da 27kg/m non saldate e in barre corte.

In un continuo susseguirsi di curve e controcurve - il raggio medio di queste scende anche fino a 100mt. - arriviamo a toccare la stazione di Castelfrentano (2). Non sale e non scende nessuno. Il caldo di questa assolata giornata di Luglio comincia già a farsi sentire, anche se è ancora mattino. Rimanendo sempre a lato della SS.84, ma affrontando molte più curve, dopo 4 chilometri circa arriviamo a Crocetta (3). La stazione è in curva, dispone di 4 binari passanti ed è isolata nel nulla: intorno solo colline a perdita d'occhio. Sostiamo per circa 10 minuti, mentre le cicale cominciano a farsi sentire. Il silenzio ci circonda, tanto che il sibilo sulle curve di un treno incrociante si comincia a sentire per parecchi minuti prima del suo arrivo. Entra in stazione un'altra elettromotrice isolata. I due capitreno si scambiano qualche battuta, si chiudono le porte e si riparte. Appena dopo la stazione uno scambio e un binario abbandonato che curva sulla destra mi ricordano la linea per Ortona, chiusa nel 1982, dove sono lasciati alle intemperie alcuni rotabili della ex FVV Ferrovia Voghera Varzi, anch'essa gestita fino alla chiusura dalla FAA. La mia panciuta elettromotrice continua su improbabili tornanti, addirittura ne affronta uno a ferro di cavallo presso una fermata a richiesta (4), serpeggia su pendii e colline coltivate, si contiene a malapena sulle strette curve, dove le rotaie per rimanere allineate ed evitare fenomeni di poligonazione sono fissate fra di loro con i normali giunti e con dei piastroni aggiuntivi saldati (5). Dopo aver percorso più di 10 chilometri senza vedere anima viva e nessun centro abitato, in un continuo e tortuoso porgere l'altra guancia al sole che passa dai finestrini, un segnale ad ala mi preannuncia la prossima stazione: Casoli. Appena oltre il segnale passiamo su un lungo viadotto rettilineo sopra il fiume Sangro, poi subito si apre il piazzale in curva della stazione, dove abbiamo un altro incrocio. Per fortuna questa volta l'altro treno è già presente e la nostra sosta dura solo un paio di minuti (6). I segnali ad ala sono un'altra caratteristica di questa linea. Ma sono inutili: sono sempre posizionati sul "via libera": i treni sono così pochi e i punti di sosta e incrocio sono gli stessi da anni. Ora viaggiamo a lato della SS.81 fino ad arrivare con una stretta curva di 90° ad incontrare un altro binario, tutto ciò che resta della linea per Atessa, chiusa nel 1979.

Da questo bivio fino alla stazione di Archi c'è un chilometro circa ed è tutto aramto con un tratto a binari compenetrati, in stile tranviario. Per risparmiare sulla gestione dello scambio in piena linea, si scelse di accomunare la sede alle due linee su binario a 4 rotaie e di posare lo scambio del bivio vero e proprio a ridosso della stazione. Ad Archi (7) sosta un'altra elettromotrice e una rimorchiata parcheggiata ancora più in là. Qui l'orario prevede una sosta di alcuni minuti: si va al bar a prendere il caffè, intanto che una corriera della FAA porta alcuni studenti a prendere il mio treno, che finalmente si ravviva un pò. Partiamo alla volta della prossima stazione, percorrendo un lungo tratto a lato del Sangro e fiancheggiando l'invaso che dopo Bomba formerà un lago artificiale. Arriviamo a Bomba e un imprevisto interrompe il mio viaggio: siamo obbligati a trasbordare su autobus e percorrere la parallela superstrada a causa di un incendio che lambisce anche la sede ferroviaria presso Colledimezzo. Il viaggio prosegue quindi in autobus, attraversiamo il punto dell'incendio, con i pompieri indaffarati a controllarlo, fino a Villa Santa Maria. Per fortuna nel mio viaggio precedente del 1992 scattai alcune foto in questo tratto, presso Colledimezzo [8] e nell'omonima stazione (9), attrezzata per permettere escursioni al lago tramite il Treno della Valle, convoglio turistico periodico. A Villa Santa Maria (10) la stazione è incastrata fra il paese e alcune pareti rocciose che fanno da culla al Sangro, proprio nel punto dove nasce il lago artificiale di Bomba. Un'altra ALe ci sta aspettando in stazione e gli orari ormai sono abbastanza stravolti. La linea affronta ora un percorso molto accidentato, a mezza costa sul fiume Sangro e fra pareti rocciose a strapiombo anche molto alte. Dopo alcune gallerie la nostra piccola elettromotrice si trova a ciondolare in cima al bellissimo viadotto di Civitaluparella, ricostruito accanto a quello originale distrutto dalla guerra in cemento armato con un'unica grande campata (11). Dopo alcuni chilometri di curve e controcurve ci fermiamo alla stazioncina di Fallo-Civitaluparella (12), dove ci fermiamo un minuto per lasciar scendere una anziana signora. Intorno il nulla, solo rocce e silenzio.

Ripartiamo e sempre serpeggiando a lato del fiume guadagnamo quota e rimanendo lungo un costone roccioso arriviamo alla stazione di Quadri, posta proprio ai piedi del paese (13). Da Quadri fino ad Ateleta, passando per Gamberale, il binario si snoda in mezzo ai boschi rimanendo sempre nel fondovalle. Dopo Ateleta ci aspettano gli ultimi 13 chilometri senza soste: transitiamo in "velocità" per la fermata di S.Pietro Avellana, perduta in mezzo ai boschi e valichiamo il Passo Cavalli in un ambiente brullo e ventoso. Siamo ormai presso la fine del nostro viaggio e siamo a quota 1000mt. Aggiriamo la cittadina di Castel di Sangro a sud fino ad affiancarci alla linea FS da Carpinone. La stazione di Castel di Sangro è divisa in due: un primo raddoppio con marciapiedi è posto di fronte al fabbricato FS, ma il nostro treno qui non sosta. Un centinaio di metri più avanti si apre il piazzale vero e proprio, molto ampio, con magazzino merci e fabbricato di tutto rispetto (14 e 15). La mia elettromotrice è finalmente arrivata. Scendo e con me i pochi viaggiatori. Si abbassa il pantografo e il mezzo viene parcheggiato sul primo binario dietro ad altre due ALe già in sosta. Un viaggio emozionante, a tratti stancante, che mi ha permesso di conoscere 87 chilometri dell'Abruzzo meno conosciuto e per questo più genuino e attraente.

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Stefano "Praz©" Paolini


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #4 il: 02 Marzo 2025, 19:11:27 »
MAGGIO - "Impressioni da Milano Smistamento"

E' stata un'esperienza unica e speriamo non irripetibile. Da ormai 5 mesi le trattative erano in atto, le varie parti erano in contatto e le decisioni di fondo erano già state prese. Ad ogni nuovo ostacolo solo la determinazione di alcuni appassionati e ferrovieri riusciva a fare fronte, in maniera decisa e rapida. Un ingranaggio quasi perfetto, mosso dalla volontà di tutti gli attori di questo film a raggiungere l'obiettivo. Se i 100 anni di FS sono andati colpevlmente dimenticati, almeno questa occasione doveva essere una cosa in grande! Il MERS dell'Ing. Cantamessa ci ha messo i mezzi, le tracce, la disponibilità degli uomini. DGOL ci ha messo "casa sua": un grande impianto come il DL di Milano Smistamento, che nonostante tutto il trambusto che si stava mettendo in piedi sarebbe dovuto andare avanti come tutti gli altri giorni, con la sua normale attività di gestione, riparazione e ricovero dei mezzi Cargo in servizio. I volontari di molte associazioni ci hanno messo tanto lavoro di rifinitura e di coordinamento, oltre a fare da guardia/accompagnatore durante l'apertura della mostra. Tutti i ferrovieri del deposito hanno dato prova di abnegazione e attaccamento al lavoro, facendo rinascere quella passione per il mestiere di ferroviere che a causa di tutte le buffonate manageriali degli ultimi anni s'era perso per strada. Alcuni mezzi da esporre erano in condizioni impresentabili, sporchi o coperti di graffiti e la loro sistemazione è terminata solo alcune ore prima dell'apertura. La piccola sogliola ABL.4526 del 1946 era fino a 2 settimane prima ancora abbandonata a sè stessa a Codogno. Alcune macchine che poi sono state presentate in rotonda non erano assicurate come presenza fino a pochi giorni prima, soprattutto per le E.645 della DGOl e per la E.646 della regionale, che sono state appositamente distolte dai regolari servizi per l'esposizione. I percorsi da studiare, i cartelli da preparare, la gestione degli ingressi, i turni dei volontari, la disposizione della locomotive e mille altre cose fatte di corsa, senza batter ciglio. Alle 13.00 di sabato 8 tutto era pronto e le prime persone sono arrivate nel tempio circolare del castano-isabella. Svizzeri, tedeschi, francesi, italiani da ogni dove, persino inglesi e olandesi! Un'ordinata folla che nei due giorni della festa ha toccato le 3000 persone, senza incidenti di rilievo e senza soggezioni al normale esercizio del deposito. Ho presenziato in varie postazioni entrambe le giornate, ho dispensato consigli e informazioni, ho incontrato decine e decine di persone alle quali ho potuto finalmente abbinare un volto. Il canto dei compressori, i fischi e le fumate della 625 con le sue affollatissime corsette, la gru del treno soccorso alzata e ruotata per l'occasione, la giratura sulla rotonda delle locomotive, il getto dalla colonna idraulica del 1919 impiantata a nuovo per l'occasione, la folla dei bimbi in ammirazione, il rumore di migliaia di scatti fotografici. Una kermesse mai vista che DEVE lasciare traccia nella storia come un ottimo connubio fra il mondo degli appassionati e quello della ferrovia, da troppe parti targato come un matrimonio impossibile e sconveniente. Nulla meglio di questa carrellata di fotografie per documentare lo spettacolo delle macchine sulla rotonda. Le impressioni purtroppo sono ancora non fotografabili....





































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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #5 il: 02 Marzo 2025, 19:16:05 »
GIUGNO - "Carrara, marmo e treni"


* carrara.jpg (120.94 kB. 800x309 - visualizzato 261 volte.)

Nella zona costiera compresa fra i comuni di Massa, Carrara e Avenza si trova una grande concentrazione di aziende il cui settore d'attività non può che essere quello marmifero. Dalle Alpi Apuane dove sono situate le famosissime cave di marmo pregiato che una volta erano servite via ferrovia (la rimpianta e ardita "Marmifera di Carrara") i blocchi, le lastre del prezioso materiale arrivano via strada a questa miriade di società dove avvengono le più disparate lavorazioni: frantumazione, levigatura, taglio, etc.... Nel contempo si inseriscono nell'indotto di questo lavoro altre aziende che producono materiale e macchine a supporto della lavorazione marmifera, oltre che società di logistica e trasporto. Buona parte del prodotto prende la via del mare, viene caricato tramite trasporti gommati alcune volte veramente eccezionali sui grandi mercantili che attraccano al porto di Carrara (www.portodicarrara.it) per essere spediti in località portuali sparse in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, all'Africa, alla Cina. Esiste un collegamento ferroviario verso il porto che condurrebbe i treni direttamente sui moli del porto, ma attualemente non viene utilizzato.

Tutta questa area è però collegata via ferro alla linea Tirrenica e utilizza il treno come mezzo di trasporto per quei blocchi marmorei che hanno destinazioni italiche. Sulla carta sopra riportata sono indicate le tratte ferroviarie nel momento del loro massimo splendore della zona: si vede bene che la zona industriale disponeva di due diversi collegamenti con le FS, sia a Carrara, sia a Massa Zona Industriale. Si vede ancora l'antenna in curva staccarsi dalla tirrenica e piegare verso l'interno in direzione delle cave montane, ultima appendice della defunta Marmifera. Si immagina un movimento di carri imponente, con tutte quelle antenne a raccordo di moltissime industrie. La realtà attuale però è molto ridimensionata e su ferro i clienti serviti sono al massimo 4. Dopo che RFI decise di disabilitare il servizio merci di Carrara, il collegamento con le FS dei vari raccordi è rimasto unicamente quello di Massa Z.I.. L'originale ponte in cemento armato e mattoni che scavalca la linea tirrenica per collegare le industrie e est e a ovest dei binari FS è ormai in disuso, anche se ancora armato. Tutta la parte compresa fra la montagna e le FS non vede più movimento di carri da moltissimo tempo e anche le manovre rimamenti, sebbene giornaliere, sono veramente poca cosa.

Il servizio odierno funziona in questo modo: l'unica locomotiva dell'Ente Retroportuale di Carrara manovra carri pianali per le fasi di carico all'interno dell'enorme piazzale del Retroporto (T), una struttura organizzata per immagazzinare e smistare la materia prima giunta dalle cave in quantità consistente. Nel primo pomeriggio viene organizzata la tradotta verso lo scalo FS: la locomotiva dell'Ente traina una dozzina di pianali lungo tutto il raccordo base (E) passando attraverso un campo nomadi, lungo un canale scolmatore e giunge ad un raddoppio dove si ferma. A questo punto il convoglio deve necessariamente essere diviso in due, perchè la tratta che collega questo piccolo scalo con Massa Z.I. delle FS è in forte pendenza (N). Appena effettuata la prima tirata, la loco isolata torna a riprendersi gli altri carri. Se a Massa Z.I. ci sono in sosta altri pianali vuoti che dovranno prendere la direzione del Retroporto, la loco aggancierà questi carri e li porterà a destino, oppure torna isolata. Direttamente affacciata sul piccolo scalo di cui sopra c'è anche una ditta che gestisce carico e scarico di gas da cisterne ferroviarie, manovrandole con un proprio Zephir. Molto frequentemente la loco del raccordo si occupa anche di questo servizio. Ultimi due clienti serviti dalla ferrovia sono aziende di lavorazione delle lastre di marmo, situate sul ramo meno servito della zona (G) e che muovono poche decine di carri all'anno. Tutti i rimanenti raccordi e binari sono smantellati o dismessi, quando addirittura le stesse ditte non sono state chiuse e i fabbricati rasi al suolo. Fra le ditte ancora attive ma con raccordo in disuso c'è da citare la OMYA, che travasa da grossi silos su camion prodotti pulverolenti. Nel cortile giacciono 3 automotori - 3 Greco/Deutz - in attesa di un improbabile riutilizzo.

La locomotiva utilizzata in passato dall'Ente Retroportuale era un Jenbach precedentemente delle FS come 225.6009, che ora è accantonato su un tronchino dello scalo. Da metà anni '90 le FS servivano i vari raccordi con una 245, non essendoci altri mezzi atti. Nel 2004 giunge sui binari dei raccordi la nuovissima D.146.0001 costruita da Firema come capostipite del progetto D.146 poi adottato da FS nella serie .2000. Questa loco è rimasta ferma sui binari del Retroporto fino a metà 2006 a causa della mancanza di abilitazioni del personale di macchina dell'Ente. Finalmente è ora la locomotiva che s'incarica di tutti i servizi descritti fin qui. Nella speranza che le prospettive di crescita del traffico portuale si mantengano come previsto, non possiamo che pensare - e sperare - in una crescita del movimento merci in questa singolare zona industriale.

















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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #6 il: 04 Marzo 2025, 13:44:53 »
LUGLIO - "Treni sulle chiatte"

Il trasporto di carri ferroviari sulle superfici dei laghi italiani è stato un importante capitolo della nostra storia, generalmente terminato negli anni precedenti alla 2^ Guerra Mondiale. Apposite chiatte trasportavano carri da Porto Ceresio sul Lago Maggiore fino alla Svizzera, da Desenzano del Garda, da Pisogne e Iseo sulla SNFT, da Como FNM. L'ultimo esempio di questo tipo di servizio è cessato nel Gennaio 1998, a Sarnico verso Lovere (BS), portando all'estinzione un trasporto combinato del quale è stato il più duraturo caso a livello europeo.

L'origine del traffico lungo le acque del lago d'Iseo è lontana: nel 1906 Società Anonima Giovanni Andrea Gregorini - costruttrice di assi ferroviari e tranviari - costruisce in proprio e vara nel lago 4 pontoni di ferro di 35mt. che costituiscono l'inizio del trasporto di carri fra Lovere, sede della Società, e Iseo - sulla linea della SNFT - e Sarnico. Per questi servizi vengono in più volte comprati di seconda mano alcuni rimorchiatori e la flotta delle chiatte in legno, ferro o addirittura cemento armato cresce col traffico di carri. Tutti i natanti sono gestiti entro il Dicembre 1920 dalla Società di Navigazione del lago d'Iseo.

Fino agli anni '60 / '70 il servizio di trasporto carri su chiatte non conosce soste, arrivando a punte incredibili di carico a cavallo della Seconda Guerra mondiale. Con la motorizzazione di massa il trasporto merci - dopo alcune vicissitudini e passaggi societari - inizia un inarrestabile calo. Nel frattempo a Lovere si sono insediati stabilimenti della Italsider e la fornitura di ruote, assi, rotaie e scambi a FS e concesse varie continua.

Il 31 Gennaio 1998 la società di navigazione e l'Italsider abbandonano il residuo traffico, decretando la fine delle chiatte e di questo tipo di trasporto, sostituito manco a dirlo da quello su gomma. Il pontile di imbarco carri a Sarnico è parzialmente smontato e il piazzale dello scalo in riva al lago è ora un parcheggio con giardino.

Nel 1991 - data di scatto si queste fotografie - il traffico era ancora fiorente e teneva in piedi tutta la linea ferroviaria che collega Sarnico a Palazzolo s/O, lungo la Lecco-Bergamo-Brescia. Questa tratta di 10 kilometri è stata inaugurata nel 1876, per condurre le merci già allora sulle sponde del lago, dove fino all'avvento delle chiatte venivano trasbordate con lunghe operazioni. A Palazzolo s/O era distaccata una 245 del DL di Milano Smis.to appositamente utilizzata per questo servizio. I carri diretti alla Lovere Sidermeccanica poi Italsider erano in composizione ad un merci da Lecco, che giungeva a Palazzolo intorno alle 9.30, manovrando e parcheggiando i carri sul fascio binari in curva in direzione di Paratico/Sarnico. I carri erano in genere di tipo E e Vta e in alcuni casi carri a carrelli a pianale ribassato per trasporti fuori sagoma. La 245 - negli ultimi anni sostituita con un 214! - partiva verso Sarnico e percorreva la linea che vedeva così questa sola coppia di treni nell'arco della giornata, quotidianamente. Il traffico passeggeri ha infatti abbandonato questi binari sin dal 1970, quando le ultime ALn.556 Fiat cessarono la spola fra le due stazioni capolinea. Fino al ritorno dei treni viaggiatori per opera della FTI e FBS, l'unico modo per viaggiare verso Sarnico era l'autobus della SAB.

Alla velocità di 30km/h e con rallentamenti presso i PL incustoditi, la tradotta giungeva a Sarnico dopo una buona mezz'ora e subito iniziavano le manovre per separare i gruppi di carri diretti all'imbarco. Posizionatasi in coda al treno appena giunto la 245 si apprestava poi a spingere la colonna di carri lungo il raccordo col pontile, distante 200 metri dalla punta scambi della stazione ex passeggeri. Lo scalo a lago aveva 7 binari, quello più vicino alla riva era dotato di un sistema di rampe inclinate e scivoli per scaricare merce varia direttamente dai carri sulle chiatte che venivano ormeggiate lungo la banchina. I pontili articolati per il carico sulle chiatte erano invece due di cui uno già fuori uso da tempo. Lungo i binari dello scalo erano parcheggiate ulteriori file di carri per trasporto assili e alcuni carri pesa a 3 assi Vby, a beneficio della disponibilità di trasporto per i prodotti della Lovere.

Al momento dell'ingresso dei carri nello scalo, le chiatte erano già state posizionate e ormeggiate da alcune ore, ad opera di alcuni uomini e manovrate dal rimorchiatore che ha prestato servizio fino alla fine, l'Adamello. Il 245 agganciava una quaterna di pianali di servizio usati come carri scudo fra la loco e i carri da caricare e cominciava ad inoltrare lungo la rampa articolata a pendenza variabile - per compensare il livello delle acque e l'abbassamento delle chiatte quando sono cariche - gruppi di 4 carri alla volta. La capacità di trasporto di ogni chiatta era infatti limitata a 4 carri a due assi e potevano essere traghettate al massimo 6 chiatte, per un totale di 24 carri ogni viaggio. Ogni chiatta caricata veniva manovrata dal rimorchiatore e scartata, ormeggiandola ad alcuni approdi in legno presso i pontili. Al termine delle operazioni di carico era sempre il rimorchiatore e il suo equipaggio che tramite cime e funi bloccavano le 6 chiatte ai lati della nave pronta così ad iniziare il suo viaggio fino a Lovere. La navigazione durava circa 2 ore, se le condizioni meteo permettevano il carico nei normali tempi e il viaggio successivo.

La 245 proseguiva nelle sue manovre, a comporre il treno del ritorno con i carri carichi appena arrivati dalla Lovere Sidermeccanica. Nel primo pomeriggio iniziava il viaggio inverso, alla volta di Palazzolo s/O. Nel corso degli anni il traffico si è sempre più diradato: dalla quotidianità delle operazioni si passò a 4 viaggi alla settimana, poi 2 e poi l'effettuazione divenne saltuaria, all'occorenza. In questa fase i carri erano così pochi che bastava un 214 per la trazione del treno. Tutto cessò nel 1998.

Nel corso di Aprile 1991 una incredibile svolta toccò a questa linea così particolare. Un treno speciale a vapore trainato dalla 940.022 portò una marea di gitanti e appassionati nella piccola stazione di Sarnico, a risvegliare il traffico su una relazione oscura da ben 21 anni. La 940 in quella occasione andò a fare acqua approfittando del vicino lago, parcheggiandosi sul binario a lato della riva e attingendo alle acque tramite un tubo. Fu l'inizio di una nuova era i cui sviluppi siamo ben felici di vedere tutt'ora, con un servizio turistico invidiabile gestito dai volontari di FBS / FTI con mezzi leggeri storici e locomotive a vapore. Se non ci fosse stato questo riciclo, la nostra linea sarebbe ora l'ennesima voce in una lista delle linee perdute nel corso degli anni.


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #7 il: 04 Marzo 2025, 14:46:20 »
AGOSTO - "Un giorno fra i monti a Goriano Sicoli"

Una calda sera di Luglio avviene un rapido scambio di telefonate fra i tre amici. L'appuntamento è per il pomeriggio tardi del giorno successivo, il 12 Luglio, in Milano Centrale. Sotto le arcate della stazione i due da Milano si sarebbero imbarcati su un espresso per il sud, che a Bologna avrebbe accolto anche il terzo membro della avventurosa compagnia, proveniente da Rovereto. A Bologna in piena notte è il caos: l'espresso ha un'affluenza imprevista e viene deciso di aggiungere un paio di carrozze in coda al treno, fra masse di passeggeri imbufaliti e addormentati che le vogliono prendere d'assalto ancora prima che siano agganciate. Con un'ora di ritardo il treno lascia il nodo felsineo e nella notte prosegue la sua lenta marcia lungo la dorsale adriatica. Il dormiveglia caratterizza il viaggio dei tre. Uno di loro scorge nella notte una sagoma strana parcheggiata a S.Benedetto del Tronto, dove si aspettavano invece il profilo familiare e imbattuto di un ETR.230. Le domande però non prendono il sopravvento sul sonno e arrivano dormendo fino a Pescara C.le, intorno alle 4 di mattina. Qui i tre si riparano in una sala d'attesa in compagnia di una decina di senzacasa fino alla partenza del primo treno utile in direzione Sulmona, alle 6 e 15. L'interregionale parte puntuale e il viaggio continua fra le cime dell'Appennino fino a Sulmona e appena oltre. I tre infatti poco dopo le 7.00 scendono dal convoglio e giungono così alla loro meta: Goriano Sicoli.

Questa stazione - allora presenziata - è situata appena oltre una lunga galleria e poco dopo un tratto di linea a mezzacosta dai paesaggi mozzafiato. I tre destano curiosità nell'assonnato Dirigente Movimento, che esce dal suo ufficio e li guarda... "Io ti ho già visto! Anche tu!" Che memoria aveva il DM: due dei tre avventurosi erano già stati lì un anno prima e il ferroviere se li ricordava ancora! I tre si presentano come appassionati di treni ed esprimono il loro desiderio: riuscire a raggiungere quel bellissimo tratto a mezzacosta che sta al di là della galleria, solo per fare un pò di foto, di quelle buone. Il ferroviere ci pensa un pò su e indica loro due vie: possono attraversare la galleria, lunga circa un kilometro, oppure possono arrivarci via strada, dopo 6/7 kilometri di tornanti c'è un sentiero che porta proprio sopra il portale della galleria. Da qui i tre potrebbero scendere sul binario e scattare le foto che vogliono.

Entrambe le ipotesi lasciano i tre sbaragliati e scoraggiati... Il ferroviere capisce la loro delusione e pensa un momento in silenzio. Poi si convince e si fa trascinare dal suo carattere straordinario: chiude la stazione con le chiavi - il prossimo transito sarebbe stato fra un'ora - sale sulla sua auto e invita a bordo i tre miserabili, che stupiti ma felici accettano. Si incamminano lungo i tornanti della provinciale e arrivati sul luogo si separano: il ferroviere indica loro il sentiero per il portale che i tre imboccano un pò indecisi, dopo aver ringraziato di tanta bontà l'uomo. La discesa si rivela un pò dura: il sentiero in realtà è appena accennato, pieno di rovi e fra gli abeti. Dopo qualche impaccio però l'obiettivo è raggiunto: sono sopra il portale e dopo una discesa lungo il muraglione di contenimento sono finalmente sul binario. La giornata è tersa, il cielo blu cobalto e il sole ancora basso comincia già a scaldare. Sotto questo clima i tre resteranno tutto il giorno lungo quei 9 kilometri a cogliere ogni transito, fino ai due che più agognano.

I primi passaggi sono un locale con E.636 e carrozze X, poi un IR con E.656 e MDVE. Già giunge il primo momento clou del giorno: il transito dell' Intercity S.Benedetto del Tronto-Pescara-Roma da ormai qualche mese espletato da un ETR.220/230. La sagoma intravista nel buio del viaggio sull'espresso però ora torna alla mente dei tre che cominciano a temere il peggio. E infatti ecco spuntare da una curva nientemeno che il primo complesso di ALe.841 in colori xmpr in corsa prova, in sostituzione dell' ETR. Che smacco! I moccoli si sprecano e l'umore deve necessariamente ritornare sereno o un'intera giornata - sono solo le 8.30! - sarà rovinata. I tre si spostano metodicamente lungo quei 9 kilometri, sempre in cerca di inquadrature nuove, luce giusta e ottima visuale sullo spettacolare paesaggio. Altri due locali con E.636 transitano, alcuni IR con E.656 e poi giunge il "buco" mattutino. Il caldo comincia a picchiare forte e i tre si riparano sotto una breve galleria artificiale costruita come scolo di acque piovane. Stanno tranquillamente seduti su una rotaia: uno dei tre ha in mano un orario grafico fatto in casa e la situazione dei transiti è abbastanza sotto controllo.

L'ora avanza e si avvicina il transito di un locale Sulmona-Avezzano. I tre si arrampicano su un cocuzzolo e colgono un breve treno al traino di una E.645 di prima serie. Questa foto finirà poi persino come copertina di un numero della rivista iTreni.... Ritornano all'ombra della galleria e aspettano pazienti: non un goccio d'acqua ne un pò di cibo hanno a disposizione! Stanchi e accaldati ad un certo punto credono di avere allucinazioni da fame: dalla curva verso Sulmona appare un tizio alto, sulla quarantina, con una fotocamera al collo che cammina tranquillo sul binario! Fosse tutto qui! Pochi metri indietro passeggia una ragazza sulla ventina con un ombrellone sulla spalla, una donna con una borsa frigo e persino una bambina con una stuoia in saggina!!! Lo sguardo dei tre che pensavano di essere gli unici pazzi ad avventurarsi in un simile posto è indescrivibile. La famiglia passa avanti incrociando i tre increduli, tutti si salutano. La famiglia non è italiana, forse tedeschi o svizzeri. Ripresisi dalla visione i tre si apprestano a scattare ai prossimi transiti che avverranno tutti a ritmo abbastanza serrato. Un merci minimo da Sulmona con E.636, uno in senso opposto con E.645, alcuni locali svolti con ALn.668 fra cui un paio a carico di povere ALn.668.1400 che fanno veramente pena a vederle salire lungo queste rampe così ripide. I tre scattano mentre lo straniero fa altrettanto; il resto della famiglia è bellamente appollaiato su un pendio a prendere il sole e a mangiare.

La giornata sta quasi per concludersi: sono già le 17.00 ed è giunto il turno del secondo momento clou della giornata. I tre si appostano presso un bel viadotto ad archi in curva e alle loro spalle fa ingresso sulla scena l'Intercity del pomeriggio con un bel quattro pezzi di ALe.601 e rimorchi. Ancora qualche scatto e i tre sono pronti ad abbandonare questi luoghi. Come fare ora a tornare rapidamente in stazione a Goriano Sicoli? L'unica ipotesi è attraversare la galleria. Attendono il transito di un IR e poi si organizzano: ramo alla mano e una piccola torcia si mettono in fila indiana e camminando sulla passerella di servizio passano tutta la galleria: una passeggiata al buio e in un silenzio irreale che sperano rimanga tale fino all'uscita. E così sarà. In stazione salutano il Dirigente così gentile della mattina e salgono sul loro treno nel frattempo arrivato. Arriveranno a Pescara in serata, cambio e altro viaggione verso nord. Sono a pezzi, ma i due rullini di ottime foto ripagherano la fatica. Per ovvie ragioni non vi ferò i nomi di quei tre, ma non è poi così difficile indovinare...

















Stefano "Praz©" Paolini


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #8 il: 04 Marzo 2025, 14:56:52 »
SETTEMBRE - "Archeologia ferroviaria in Sardegna"

Durante una vacanza con la famiglia in Sardegna nella splendida zona della Costa Verde è stato quasi d'obbligo ricercare le tracce di un passato ferroviario assolutamente sconosciuto. Ho potuto perlustrare due soli impianti della vasta ragnatela di binari di ogni scartamento che una volta caratterizzava il Sulcis, ma anche solo l'atmosfera che regalano questi reperti ha valso la fatica. Il primo complesso in esame riguarda la zona di Ingurtosu e Piscinas, sede di importanti e numerose miniere di carbone e zolfo. Le miniere della zona di Ingurtosu erano sfruttate sin dal 1600, ma l'argomento del nostro interesse compare solo nel 1871.

In quello stesso anno poco più a sud venne inaugurata la prima ferrovia a scartamento ridotto in Italia, la Monteponi-Portovesme, finanziata da capitali inglesi e equipaggiata con locomotive a vapore e carrozze nello stile costruttivo tipico della metà dell'800 cabine aperte e telaio esterno per le loco e telai in legno e repulsori egualmente in legno per il materiale rimorchiato. Questo dopo molti anni di esercizio a trazione animale. La costruzione della Monteponi Railway implicò anche alcune problematiche costruttive che si ribalteranno poi sulle future ferrovie a scartamento ridotto italiane, con la nascita del cosiddetto "scartamento ridotto italiano" a 950mm. Questa linea venne infatti equipaggiata con un binario a scartamento metrico, dove la misurazione della distanza fra le rotaie venne rilevata fra le facce esterne delle rotaie, anzichè sulla più corretta mezzeria della rotaia. Calcolando la distanza sulle facce esterne, questa sarebbe variata ogni volta che la linea venisse equipaggiata con rotaie più robuste e quindi più larghe. Capito l'errore interpretativo fu però impossibile rimediare perchè nella regolamentazione governativa sulle concessioni delle costruzioni ferroviarie questo metodo di misura era già stato adottato. L'unica correzione applicabile fu quella di iniziare da allora a misurare le mezzerie delle rotaie, stabilendo però questo nuovo scartamento tutto nostro di 950mm.

Sempre gli inglesi e ancora nel 1871 costruirono un'altra linea con scartamento a 600mm per collegare i grandi impianti di trattamento del minerale estratto - dove lo stesso arrivava a groppa di mulo o cavallo o più tardi teleferiche - ad un magazzino nella bellissima spiaggia bianca di Piscinas. Questo fino al 1875 era niente più che uno spazio all'aperto dove il materiale veniva accatastato in attesa di essere imbarcato tramite un pontile in legno dotato di binario sulle tipiche imbarcazioni a vela chiamate bilancelle che stavano di base al porto di Carloforte. Nel 1875 venne costruito un basso ma ampio edificio che ebbe questa funzione fino alla fine dell'attività estrattiva. La linea era equipaggiata con rotaie leggere inchiodate a traverse in legno, tra le quali erano interposte delle lastre di pietra, allo scopo di rendere tutta la struttura abbastanza rigida e resistente, anche se poggiante - soprattutto nell'ultima parte di percorso - su banchine sabbiose sottoposte ad un vento molto forte. La linea aveva un profilo abbastanza tormentato, pieno di curve. Oltre al piccolo scalo di Piscinas esisteva una "stazione" in località Tinacci, dove si staccavano alcune antenne che conducevano ad alcuni pozzi di escavazione. Sempre risalendo il corso di un fiume affluente del Rio Piscinas dopo circa 7km le rotaie arrivavano alla località di Naracauli, dove dal 1900 venne costruita un'unica grande laveria per il minerale in luogo delle precedenti separate di Bau e Naracauli. Questa laveria edificata da opera di un conte inglese - tale Brassey - è la più impontente opera ancora esistente ed affascinante di tutto il complesso, oltre al villaggio minerario di Ingurtosu. Oltre la laveria alcune teleferiche portavano il minerale dalle quote più elevate all'impianto, mentre un altro ramo ferroviario raggiungeva il pozzo Gal - perfettamente restaurato - altri 2km più a est. Dalle pochissime foto esistenti si può supporre che l'esercizio su questa liena fosse a trazione animale.

Le miniere cessarono di funzionare nel 1943: molti minatori vennero licenziati, altri tenuti in sospeso in caso di una eventuale ripresa degli scavi. Ma pochi anni dopo la vena mineraria della zona si esaurì e tutto si fermò e venne lasciato all'abbandono. Il magazzino sulla spiaggia di Piscinas venne convertito negli anni '50 in una colonia per i figli dei minatori e tale arrivò fino a metà anni '70. Ora - e dal 1985 - è un prestigioso albergo che permette di gustare la bellezza di questa spiaggia così rinomata. Solo recentemente con l'istituzione del parco geominerario del Sulcis i resti della piccola ferrovia - incredibilemente arrivati fino ai nostri giorni - sono assurti a museo e alcuni vagoncini e spezzoni di rotaia stanno a testimoniare questa epoca così remota. Tutta la sede della linea si intuisce ancora bene nella valle di Ingurtosu ma riesce così difficile immaginare questi piccoli convogli affidati ai cavalli percorrere la linea.

Intanto un pò più a sud sin dal 1869 la Società Mineraria di Montevecchio progettava un'altra realizzazione ferroviaria, che si concretizzò nel 1876. La linea era lunga poco più di 18km e collegava l'imponente impianto estrattivo e di laveria di Montevecchio-Xiria (poi Sciria) con la ferriera di San Gavino, dove era inoltre possibile il trasbordo del materiale sui carri delle ferrovie Reali Sarde e poi FS. Lo scartamento anche questa volta era tipico delle decauville, a 600mm, ma il traffico supportato dagli esili binari era molto più impegnativo che sulla linea di Piscinas. I treni carichi di zinco e piombo infatti erano trainati da 3 locomotive a vapore con la potenza di 25 HP costruite negli stessi anni con alcuni accorgimenti molto rudimentali: i repulsori ad esempio erano due per testata, piccoli e ravvicinati. L'unico repulsore centrale non era ancora stato inventato. La dotazione del parco rotabili comprendeva inoltre 3 carrozze a 2 assi e 30 carri merce di varia foggia. Le carrozze per i viaggiatori venivano incluse nella composizione se c'era abbastanza richiesta. Esisteva inoltre un unico bagagliaio, sempre a 2 assi. Dalle poche foto disponibili si può però intuire che nel corso degli anni le 3 locomotive a vapore vennero integrate da almeno un'altra unità, di costruzione tedesca e dall'aspetto molto diverso.

Il percorso era pianeggiante da S.Gavino fino alla fermata di Nuraci, al servizio in realtà del più grosso borgo di Guspini, il cui fabbricato viaggiatori è ancora perfettamente esistente. Da qui fino a Sciria iniziava una leggera salita fino alla rampa del 30 pe rmille posta poco prima del capolinea, il cui piazzale e fabricati sono ancora esistenti. Tutto il tracciato è perfettamente visibile dalla strada parallela e anche ben conservato. Questo è infatti uno dei presupposti del progetto di riattivazione di questa breve linea per condurre i turisti dalla ferrovia FS all'ingresso del parco geominerario, che a Montevecchio trova la sede del museo e di alcuni uffici amministrativi.

Gli impianti di Montevecchio sono entrati in crisi a metà anni '60, quando l'esercizio della linea era già soppresso da due anni a favore del trasporto gommato. Nel 1971 lo sfruttamento continuativo delle miniere cessò e tutto fu abbandonato, anche se i minatori con scioperi e proteste riuscirono a prolungare la vita della società che smise però di esistere nel 1991. Da allora il nulla e l'abbandono.

Carta IGM 1:25000 linea Ingurtosu-Piscinas


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Carta IGM 1:25000 linea S.Gavino-Montevecchio


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #9 il: 04 Marzo 2025, 17:50:34 »
OTTOBRE - "Raccordi a Cava Tigozzi"


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L'area del porto canale di Cremona così come appare oggi è il frutto di un'evoluzione accaduta in moltissimi anni. Lo sfruttamento di un'arteria viabile così importante come il Po è storia antica, ma solo negli anni '50 iniziano i progetti per una razionalizzazione e modernizzazione di questo tipo di trasporto che culminerà negli anni '70 nella costruzione degli invasi attuali e nell'installazione di alcune grandi industrie, a confermare la possibilità di un utilizzo per il trasporto pesante della via fluviale. Nonostante questa forte volontà di rilancio, il porto stenta ancora oggi a decollare, generando pochissimo traffico. Tutto il comprensorio è in espansione come polo industriale della bassa cremonese e della città delle torri, grazie a possibilità logistiche ampie fornite dal trasporto gommato ma soprattutto da quello ferroviario, perdendo sempre più l'originale connotazione di centro intermodale strada-ferrovia-fiume.

Le industrie collegate via ferrovia sono molteplici e operano in diversi settori: acciaio, gas, legname, cereali, olio combustibile, cantieri e carpenteria pesante. Il servizio ferroviario è organizzato utilizzando uno scalo di base posto nei pressi della stazione FS di Cava Tigozzi, sulla linea Cremona-Codogno. In questo ampio scalo in parte elettrificato giungono mediamente 8 treni merci al giorno, trazionati da DGOL (Cargo Trenitalia) e in futuro probabilmente da Serfer e Railion. Dallo scalo suddetto partono le tradotte verso i raccordi delle varie industrie. Questi treni non hanno un orario fisso, vengono effettuati all'occorrenza, a cura dei locomotori diesel in dotazione ad ogni singola industria. Le numerose corse fra lo scalo e il fascio di smistamento, posto dopo un tratto in curva a doppio binario e parallelo alla strada di comunicazione ai vari impianti, sono sorvegliate da addetti alla sicurezza che devono bloccare il traffico stradale dei numerosi passaggi a livello che caratterizzano la zona. A metà della curva di cui sopra esiste un bivio ulteriore - raccordato anche con un'altro tratto a formare un triangolo di inversione - che conduce ad altri raccordi. In origine questo binario conduceva solamente agli impianti di una delle acciaierie (Arvedi) e ai tronchini posti ai lati delle banchine portuali, da sempre pochissimo utilizzati. Negli ultimi 3 anni sono stati installati altri 3 raccordi, attualmente molto utilizzati, per impianti nuovissimi di stoccaggio petroli e cereali.

Vediamo ora i singoli raccordi e i loro servizi. Venendo dallo scalo FS percorriamo la curva a doppio binario e impegnamo il binario che porta a destra. Subito dopo si attraversa la via Acquaviva e giunge un altro bivio. Un ulteriore ramo a destra porta alla parte nuova dello scalo, completata solo a fine 2005. Un tratto conduce alle spalle della zona della darsena fino al nuovo impianto di stoccaggio e distribuzione della raffineria Tamoil, racchiusa da un cancello e dotata di 3 binari tronchi. L'altro tratto conduce allo scalo di due binari della Lameri Spa, che conserva in silos prodotti pulverulenti alimentari. Presso quest'ultimo raccordo è parcheggiata la V.216 K.055 della Serfer, finora usata per poche corse di prova. In sua vece attualmente le manovre sono svolte da una D.146 FS che giunge da Cremona in testa ad una apposita tradotta. Sul ramo della Tamoil invece opera una nuovissima locomotiva, ricostruita dalla IPE su un precedente modello tedesco, a carrelli con una vivace livrea arancio/blu. Questa è di proprietà della SOGRAF, che gestisce le manovre per conto dell'Ente portuale di Cremona per quelle ditte che non intendono farlo in proprio. Precedentemente l'Ente portuale effettuava questo servizio in proprio, utilizzando un poco potente locomotore a due asse ex gruppo FS 225.7, ora accantonato presso una banchina della darsena.

Al secondo bivio, appena arrivati al PL di via Acquaviva, adesso imbocchiamo invece il ramo in curva verso sinistra, che dopo pochi metri ci introduce all'interno dell'acciaieria Arvedi, che fra l'altro costruisce grossi tubi e pipelines. Qui opera un Badoni di modello imprecisato, recante nessuna marcatura. Un altro Badoni più vecchio giace accantonato presso un'altra banchina della darsena principale.

Se invece al primo bivio ci dirigiamo ora verso sinistra entriamo nello scalo base al servizio dei vari raccordi, parallelo alla stessa via Acquaviva. Qui ci sono quattro binari molto lunghi sui quali sostano sempre treni completi in attesa di inoltro. Da questo fascio si dipartono due raccordi. Uno inutilizzato conduce al Consorzio Agrario Provinciale. L'altro, poco più lungo, entra nel perimetro della Abibes. Questa ditta si occupa di stoccare gas liquido GPL che giunge via ferrovia in cisterne bianche. La locomotiva a servizio della Abibes è nientemeno che una ex belga gruppo 60, revisionata ormai parecchi anni fa da Gleismac.

Proseguendo invece lungo la fine del fascio di parcheggio il binario affronta una curva a sud, toccando il confine della frazione di Spinadesco, in direzione di un grosso impianto di trattamento e conservazione di scorie pesanti, come quelle della vicina Arvedi. L'impianto, racchiuso da alti muri di contenimento in terra battuta, è gestito dalla ISP Srl. Il binario di prima aggira tutto l'impianto con curve e lunghi tratti rettilinei, fino ad arrivare ad uno scalo di tre binari tronchi, raggiungibile dopo una ripida discesa. Da questo scalo, in regresso, un binario parte verso l'interno dell'impianto. Su questa tratta manovrano due locomotive: una Esslingen a 3 assi e una grossa ex V.80 DB, entrambe caratterizzate dal colore giallo a fasce blu/bianco. All'interno dello scalo sostano anche due Badoni in stato di accantonamento.

Indubbiamente Cava Tigozzi rappresenta un polo industriale in piena espansione: altri bandi di gara sono stati emessi per la costruzione di due nuovi raccordi e l'arrivo della nuova loco a carrelli si configura nella prospettiva della crescita dei volumi movimentati. Ad ogni ora che si transiti nei pressi degli scali capita di vedere una manovra e dato il panorama multicolore e variegato dei mezzi in uso c'è da dire che il divertimento è assicurato. Peccato che l'unica modalità di trasporto meno utilizzata sia proprio quella fluviale....































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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #10 il: 04 Marzo 2025, 18:03:44 »
NOVEMBRE - "SBB Cargo in Italia"

2004 sono quindi iniziati alcuni servizi fra Chiasso e Molteno e Oggiono, principalmente per il trasporto di legname e di coils. I treni erano quindi affidati alle loco con insegne Hupac e l'avvento futuro del marchio SBB era ancora poco visibile. Quando Hupac iniziò i suoi propri servizi fra Busto e Chiasso le quattro locomotive non erano sufficienti a coprire i vari turni. Nel frattempo stavano iniziando le consegne e la lunga certificazione le prime G.2000 Vossloh, dall'orrida estetica ma dall'affidabilità provata. Fu quindi noleggiata una G.2000 di ACT, già certificata, che circolò sui merci brianzoli per qualche mese, poi una G.2000 noleggiata ad Angel Trains. A metà 2004 la dotazione di G.2000 SBB Cargo raggiunse la quota definitiva di tre unità, classificata in duplice modo: Am 840 in Svizzera e G.2000-xx in Italia. La vivace colorazione rosso/blu con le grosse scritte Cargo iniziò a popolare i binari della Lombardia. Nello stesso periodo però SBB iniziava ad effettuare altri treni: due coppie giornaliere fra Chiasso e Lecco (via Carnate e via Monza con inversione di marcia) e una coppia domenicale Domo2-Novara Borghetto per trasporto autocarri. Questa crescita di servizi richiese ulteriori locomotive. Usando le 3 G.2000, le 4 D.753 Hupac e due G.2000 noleggiate da Angel Trains si riuscì a garantire tutto il programma. Ma in previsione c'erano ulteriori sviluppi: a Firenze stava passando la prova di certificazione per l'Italia la prima E.189 Dispolok.

Ad Agosto 2004 in sosta a Chiasso ci sono le prime 6 E.189 giallo/blu e giallo/argento pronte a calare in Italia appena fosse stato dato il via da RFI. Le cose sono andate per le lunghe e fino a Dicembre è tutto fermo alla situazione precedente. Ma la svolta anche se in ritardo è consistente: da Dicembre le 10 E.189 iniziano il servizio sulla Luino-Busto Arsizio e presto avviene la rivoluzione: sulla tratta si effettuano tutti i giorni non meno di 15 coppie di merci con l'effetto che piano piano la presenza di Trenitalia Cargo scompare, lasciando ad oggi solo un paio di coppie più una tradotta. Nelle piccole stazioni di Besnate, Ternate e Mornago si assiste ad un continuo transito di merci di container affidati alle nuove loco. A questi si affiancheranno poi altre 3 coppie affidate alle G.2000 della tedesca Railion, anch'essa in fase di crescita sul mercato italiano. Nello stesso momento si attivano anche nuovi treni fra Domo2 e Trecate, via Borgomanero e Novara, prima in carico alle G.2000 poi alle Dispolok. Nello scalo di Trecate si assiste alle manovre fra le gialle Dispolok e la nuova arrivata dalla Cekia D.740 del locale raccordo petrolchimico. La situazione rimane stabile, anche a causa del lentissimo iter burocratico per le nuove elettriche Re.484, in prova a Firenze. Le E.189 e le G.2000 vengono usate in modo promiscuo su quasi tutti i servizi, per cui anche su Novara si assiste al passaggio di RoLa al traino di E.189.

La situazione si sblocca solo a Gennaio 2005: alla fine del mese le Re.484 - in Italia numerate come E.484 - sono finalmente abilitate ad operare. Le 18 locomotive da mesi in sosta al deposito di Bellinzona iniziano il servizio e la colonizzazione della Luino-Gallarate-Busto è cosa fatta. Con questa invasione rosso/blu tutti i servizi - eccetto quelli su linee non elettrificate - vengono passati in carico alle nuove arrivate. Le vediamo così a Trecate, sul Sempione, sulla Chiasso-Milano, sulla Luino-Gallarate. Le G.2000 - rimaste tre dopo la restituzione delle unità Angel Trains - rimangono sulla Chiasso-Oggiono e sulla relazione domenicale fra Domo2 e Novara. La valanga svizzera è in pieno effetto: sulla linea di Luino si assistono a doppie trazioni, rimandi, merci di ogni genere. A causa di questa esplosione di traffico viene costruita anche una nuova bretella di collegamento nella stazione di Sesto Calende. In questo modo la fluidità del traffico merci ne guadagna parecchio: i treni dalla Svizzera percorrono la via Luino-Gallarate-Busto mentre i treni diretti all'estero da Busto vanno via Gallarate-Sesto C.-Laveno-Luino. Il monopolio delle E.484 permette anche la restituzione a Dispolok delle 8 E.189, parcheggiate in attesa del ritorno in patria sin da Agosto 2005. Lasceranno il nostro territorio a Settembre, alcune vi rimetteranno piede con nuovi colori e nuove insegne (alcune andranno a FNC, altre a RTC).

A Settembre 2005 arriva in Italia la prima di altre 12 nuove locomotive, questa volta costruite da AD Tranz/Siemens : sono le future Re.474, in Italia E.474. La prima unità giunge il 21/9 a Vado Ligure per iniziare un ciclo di prove. Nel frattempo a Ottobre SBB Cargo si può permettere di restituire definitivamente a Hupac le D.753, che verranno dopo poco cedute a Railion. Solo a Gennaio 2006 le E.474 iniziano i servizi, dopo alcuni problemi di messa a punto che porteranno SBB Cargo a restituire al costruttore 4 ulteriori loco e ad annullare la commessa delle ultime 4. Le E.474 circolano in turno misto con le E.484 sulla Luino-Gallarate e poi espandono il loro raggio di azione. In Febbraio SBB Cargo prende in carico il merci Padova-Chiasso finora gestito fa FNC e gli assegna proprio una E.474. A Marzo SBB Cargo si installa a Melzo con i treni di container diretti al locale interporto, prima feudo esclusivo delle Nord Cargo. Intanto anche sulla linea di Chiasso esplodono i servizi degli svizzeri, subentrando a FNC su alcuni treni fra Desio e Chiasso per coils e a Railion fra Carimate e Chiasso per trasporto auto.

Attualmente i servizi di SBB Cargo sono consolidati e non ci sono state ulteriori novità. Fra i programmi futuri si parla di iniziare nuovi servizi fra Brescia e Chiasso e Domodossola, inoltre dopo alcune corse di prova non si è concretizzata la partenza di treni fra Modane e Avigliana, conquistati invece dall'emergente FRET Cargo Italia. La flotta di locomotive SBB Cargo conta attualmente 3 G.2000, 18 E.484 e 9 E.474 : tre unità di quest'ultimo gruppo sono infatti state noleggiate a FNC per servizi merci su rete RFI.

Di seguito un elenco di treni fotografabili di SBB Cargo (fra parentesi i giorni totali di effettuazione nell'anno) :

TEC 42034 GALLARATE 12.14 LUINO 13.29 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 40100 Melzo 14.40 CHIASSO SMIST. 16.01 ( 260 ) E474 SBBCI
TEC 43093 LUINO 9.06 GALLARATE 10.11 ( 260 ) E484 SBBCI
LIS 38172 GALLARATE 7.04 LUINO 8.21 ( 260 ) Loc.Isol.Elettrica SBBCI
TEC 43088 GALLARATE 13.55 LUINO 14.39 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 42027 LUINO 16.30 GALLARATE 17.34 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 42017 LUINO 6.20 GALLARATE 8.25 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 42005 LUINO 7.40 GALLARATE 8.41 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 43076 GALLARATE 15.45 LUINO 16.46 ( 240 ) E484 SBBCI
TEC 42018 GALLARATE 17.01 LUINO 17.47 ( 240 ) E484 SBBCI
TEC 43073 LUINO 12.20 GALLARATE 13.11 ( 240 ) E484 SBBCI
MT 51703 CHIASSO 7.09 Oggiono 8.40 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51706 Oggiono 9.40 CHIASSO SMIST. 12.28 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51707 CHIASSO 14.21 Oggiono 16.44 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51708 Oggiono 17.32 CHIASSO SMIST. 19.43 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51715 51716 CHIASSO 8.33 Lecco Maggianico 10.17 ( 225 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51711 51712 Lecco Maggianico 13.20 CHIASSO SMIST. 14.45 ( 225 ) D G2000 SR SBBCI
MRS 51437 51438 CHIASSO 18.57 Lecco Maggianico 20.21 ( 225 ) D G2000 SR SBBCI
TEC 43089 LUINO 17.13 GALLARATE 18.09 ( 208 ) E484 SBBCI
TEC 42021 LUINO 12.05 GALLARATE 12.55 ( 208 ) E484 SBBCI
TEC 43075 LUINO 12.35 GALLARATE 13.34 ( 208 ) E484 SBBCI
LIS 38171 LUINO 18.53 GALLARATE 20.10 ( 208 ) Loc.Isol.Elettrica SBBCI
TEC 40104 Melzo 17.14 CHIASSO SMIST. 18.45 ( 208 ) E474 SBBCI
TEC 43098 GALLARATE 17.20 LUINO 18.42 ( 192 ) E484 SBBCI
TEC 43681 DOMO II 7.20 Novara Boschetto 9.25 ( 156 ) E474 SBBCI
TEC 40106 PD INTERPORTO 15.45 CHIASSO SMIST. 21.55 ( 156 ) E474 SBBCI
LIS 38161 DOMO II 17.35 Trecate 19.43 ( 104 ) Loc.Isol.Elettrica SBBCI
MRI 49627 DOMO II 17.35 Trecate 19.43 ( 104 ) E474 SBBCI
TEC 40126 PD INTERPORTO 15.45 CHIASSO SMIST. 21.55 ( 104 ) E474 SBBCI
MRI 49636 Trecate 13.18 DOMO II 16.11 ( 104 ) E474 SBBCI
MRI 49634 Trecate 13.18 DOMO II 16.11 ( 104 ) E474 SBBCI
TEC 40124 Melzo 17.14 CHIASSO SMIST. 18.45 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40113 CHIASSO 11.55 Melzo 13.03 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40125 CHIASSO 11.55 Melzo 13.16 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40108 Melzo 17.14 CHIASSO SMIST. 18.45 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40102 Melzo 14.40 CHIASSO SMIST. 16.01 ( 52 ) E474 SBBCI
MRI 46494 Carimate 17.20 CHIASSO SMIST. 17.44 ( 52 ) D G2000 SR SBBCI
MRI 46493 CHIASSO 12.09 Carimate 12.33 ( 52 ) D G2000 SR SBBCI
TEC 43685 DOMO II 12.21 Novara Boschetto 14.14 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 43097 LUINO 17.13 GALLARATE 18.09 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 43021 LUINO 9.18 GALLARATE 10.11 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 43022 GALLARATE 13.55 LUINO 14.39 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 42025 LUINO 8.40 GALLARATE 9.40 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 42023 LUINO 10.43 GALLARATE 11.26 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 42020 GALLARATE 17.01 LUINO 17.47 ( 48 ) E484 SBBCI
TEC 42024 GALLARATE 18.40 LUINO 19.48 ( 48 ) E484 SBBCI
TEC 43094 GALLARATE 14.20 LUINO 15.40 ( 48 ) E484 SBBCI


























Stefano "Praz©" Paolini


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Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Risposta #11 il: 04 Marzo 2025, 18:10:19 »
DICEMBRE - "Quasi un treno in strada"

E' ormai da moltissimi anni che questa tradizione si perpetua. E sembra incredibile ogni anno che riprenda. Per questo ogni Giugno alcuni fotografi fanno il loro doveroso pellegrinaggio lungo il binario consumato della tranvia interurbana Milano-Limbiate. Perchè sanno che ogni Giugno potrebbe essere l'ultimo ad offrire questo spettacolo. Perchè sanno che il prossimo Settembre - al riaprirsi delle scuole - la moltitudine di ragazzi e bambini che usano il "trenino" potrebbe viaggiare sul solito "Bloccato", anzichè su questo pezzo da museo che ogni giorno arriva a Milano dall'hinterland.

Il "trenino" in realtà segna un confine proprio labile fra il concetto di piccolo treno e grande: veder sfilare questo convoglio di cinque pezzi nelle strade congestionate di Milano e dei paesi lungo la vecchia Valassina fa un gran impressione e rimanda la mente a ricordare che una volta, fino a che l'uomo non fu preda dell'auto, questo spettacolo era così comune.... Tutte le mattine da lunedì a venerdì, in periodo scolastico da Settembre a Giugno, nel Dep. di Varedo fervono i preparativi. Si sceglie la motrice che farà il turno fra le 3 "Reggio Emilia" disponibili. Il tranviere di servizio con sapienti movimenti fra scatti di extrarapido che rimbombano sotto le tettoie della rimessa e fischietti in codice del manovratore conduce la sua unità sugli intricatissimi scambi del deposito. Retrocede poi ad avvicinarsi ai quattro rimorchi del suo treno, parcheggiati dal giorno prima sui tronchini scoperti. Qualche tocco al timone e la Reggio si avvicina al rimorchio mentre il manovratore tiene in posizione l'imbuto del gancio. Bloccato il perno e assicurate le condotte dei freni e dell'illuminazione il convoglio è pronto ad uscire. Qualche rotazione al timone della Reggio Emilia e il treno di 5 pezzi già esce dal cancello. Altro fischietto del manovratore che ha appena girato lo scambio e breve retrocessione. Tutto è pronto.

Si attende l'arrivo del Bloccato da Limbiate, che termina la sua corsa qui a Varedo alle 6.44. Il trasbordo dei passeggeri non è certo dei più agevoli ma in tre minuti si risolve tutto. Alle 6.47, in ritardo di due minuti, il treno si muove. Ogni paese che il treno attraversa si riempie sempre più. Nonostante i 4 rimorchi siano molto capienti si fa fatica a salire. Ma il punto di osservazione privilegiato è sulla motrice. Questa bellissima Reggio Emilia, "made by Reggiane, Italy", nel lontano 1928. Tutta acciaio, bulloni e legno. I lampadari all'interno in vetro stile floreale, i sedili in legno lucido e quei bellissimi finestrini arcuati che fanno tanto liberty. Il tranviere - qualifica un pò riduttiva, potremmo tranquillamente chiamarlo macchinista - ha il suo bel daffare a condurre questo pesante convoglio in mezzo alle ingolfatissime strade della provincia milanese. Sempre viaggiando a lato di un serpentone di lamiera e gomma in perenne sosta, scorrono i paesi di questa arteria: Palazzolo Milanese, Cascina Amata, Paderno Dugnano. A Cascina abbiamo incrociato un treno ascendente. La disciplina degli automobilisti è ormai un sogno e troppe volte il conducente ha dovuto serrare i freni in modo brusco. Le imprecazioni all'indirizzo del solito di turno sono affidate al fischio acuto e pieno della Reggio Emilia, che fa da sveglia a quelli che abitano lungo la statale.

Il più è fatto: siamo già a Cormano. Dopo la sosta alla fermata di una vecchia fabbrica impiegheremo qualche minuto per attraversare la stessa statale, già alle porte di Milano. Curva e controcurva in trincea e il treno si infila lungo la rampa in sede riservata di Viale Rubicone, unica concretezza del fallito progetto per le linee celeri della Brianza. Osservare dalla motrice, attraverso i finestrini, i quattro rimorchi dondolare ad ogni giunzione del binario mette un pò di ansia ma da decenni - in barba all'USTIF - tutto fila sempre liscio. La manutenzione sui mezzi è buona e i carrelli tipo Diamond dei vecchi rimorchi non dimostrano affatto i loro 80 e passa anni, se non nel confort.

Come se nulla fosse la Reggio si tira il suo treno sulla ripida rampa del sovrappasso FNM, poi affronta frenando poderosamente la discesa per rallentare fino quasi a fermarsi appena prima di affrontare la strettissima curva a 90° con controrotaia che immette in via Vincenzo da Seregno, capolinea della tranvia. Una fiumana di ragazzi e pendolari sciama dal treno riversandosi sugli autobus delle linee urbane in molteplici direzioni. Nel frattempo la Reggio Emilia sta già manovrando sui corti tronchini del capolinea provvisorio, per invertire la posizione e riattestarsi ai 4 rimorchi ormai vuoti. Anche qui il timone - tipico controller a forma di timone nautico che equipaggia questi mezzi - è in rotazione continua, quasi il tranviere stesse controllando un vascello nella tempesta. Se penso quando questi treni - 4 coppie al giorno - arrivavano e partivano da una infernale via Farini, deduco che tutto sommato ora è un pò meglio...

Il viaggio di ritorno, partenza alle 7.25, è senza storia: la missione è ben diversa e non ci sono infreddoliti pendolari ad affollare le panche. Il treno è quasi vuoto e basta la motrice ad ospitare i viaggiatori. Si arriva a Varedo in orario e si traborda ancora su un Bloccato già in attesa per proseguire il viaggio fino a Limbiate. Il treno con la nostra Reggio invece già retrocede e imbocca lo scambio del deposito. Ancora una mezz'oretta di manovre e tutto si ferma. Domani mattina presto è il prossimo appuntamento....finchè dura.

Ieri...







...e oggi











Stefano "Praz©" Paolini