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Il PIAZZALE / Alla memoria delle 668
« Ultimo post da Praz© il 25 Giugno 2025, 12:49:23 »
Lo scorso 8 Giugno ha viaggiato l'ultimo treno - almeno ufficiale... - composto da ALn 668, il Regionale 20197 Avezzano-Roccasecca-Cassino, in una sorta di evento pubblicizzato anche su alcuni canali social che ha attirato appassionati, fotografi e semplici curiosi lungo la linea e nelle stazioni. Le ultime 3 ALn serie 3300 in turno al DL di Sulmona sono state messe in riserva, per usi eccezionali ed emergenze. Si chiude in questo modo - sommessamente ed umilmente - una vera era tecnologica e trasportistica: i mezzi che più hanno contraddistinto l'Italia locale e regionale, fatta di linee diesel, treni locali e viaggi con decine di fermate, pendolari e studenti non ci sono più.

L'invenzione della Automotrice Leggera nafta del gruppo 668 fu una rivoluzione. Costruite da Fiat e in piccola parte anche Breda in 11 serie diverse per un totale di nientemeno che 785 unità, con la loro cassa modulare, la componentistica più o meno standardizzata  e con parti di derivazione automobilistica, il loro schema di colori uniforme, sobrio ma subito riconoscibile - dopo la breve parentesi del beige e verde lichene delle primissime serie - e la caratteristica comune dei 68 posti e del comando multiplo, hanno presenziato le ferrovie italiane dalla Val Venosta e Pusteria fino alla Noto-Pachino, dal freddo estremo al caldo asfissiante. Anche le eredi - ALn 663 - sono avviate al tramonto e dopo di esse resteranno in servizio solo Minuetti e ATR di varie serie e forme, concettualmente concepiti per gli stessi servizi ma al di fuori della filosofia che generò il progetto 668: economia di scala, elasticità nei servizi, consumi adeguati e - per alcune serie - piccole modifiche per un servizio migliore (come esempio ricordo le 3300 con rapporto di trasmissione più corto adatto alle dure rampe appenniniche sulle quali hanno viaggiato fino a pochi mesi fa).

Voglio rendere omaggio a questo veicolo, amato e odiato da viaggiatori e appassionati, insostituibile e longevo (prime unità in servizio dal 1956, ultime 10 giorni fa... fanno più o meno 68 anni e mezzo di presenza!) con una carrellata di 20 immagini, per lo più inedite che vedrete di seguito. Sono fotografie xmpr-free, con i bei colori bianco-panna, beige-pergamena e grigio-azzurro, con tanti vetri curvi e purtroppo qualche gomma frontale di troppo; le voglio ricordare così, come ai tempi in cui le usavo spesso per i miei viaggi in giro per lo stivale. Senza aria confezionata, coi finestrini apribili, con le tendine svolazzanti e il fumo azzurrognolo che entrava nell'ambiente viaggiatori ad ogni tirata di collo.

Iniziamo.


Per prime vennero le 1400! Spartane e massicce, con quel mantice in bella vista a sfidare ogni concetto di design e frivolezza. Negli anni '90 erano concentrate a Roma per il pesante servizio sulla linea di Viterbo con treni fino a 4 pezzi, ma anche a Sulmona per le linee Avezzano-Roccasecca, Giulianova-Teramo, Ascoli-Porto d'Ascoli e i servizi sulla difficile Sulmona-Avezzano.

La 1421, con i piccoli finestrini frontali corazzati, attende i suoi viaggiatori nella calda luce del pomeriggio in stazione a Teramo. Piano piano, uno alla volta, i pendolari che sono diretti alle piccole stazioni sulla linea per Giulianova o lungo i paesi adriatici affolleranno l'anziana 668.

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Un treno di 4 pezzi, con in coda la 668.1427 sta cercando di ripartire dalla sperduta fermata di Pescocanale, nascosta nella stretta valle che poco dopo questo impianto costringe la ferrovia per Avezzano ad una serie di gallerie e ad un elicoidale in rampa che ha sempre messo a dura prova i mezzi che si arrampicavano, per tacere delle misere prestazioni odierne degli ATR Pesa che hanno sostituito le 668. Questa foto mi porta il ricordo del rumore di ferraglia della tiranteria dei freni serrata e rilasciata più volte, del cambio che non ingranava, dei motori che salivano di giri senza riuscire a muovere il convoglio. Una vera ferrovia di montagna!

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Qualche anno dopo la concorrenza produsse le 2400. Le mitiche Breda, basse e strane, col mantice ma anche no, sono sempre state un mondo a parte. Tutto era differente dalle Fiat, dai carrelli agli interni, al rumore dei motori. Sole 40 unità che hanno vissuto tutta la vita in Piemonte e che purtroppo ci hanno lasciato senza eredità storica già nei primi anni '90.

Persino una piccola fermata come Terranova Monferrato una volta era lo specchio di un mondo più abitato e presenziato. Vasi di fiori, pulizia e i comandi dei PL a filo sono il contorno ad una coppia di Breda in arrivo da Casale Monferrato e diretta a Mortara, in una bigia giornata di Settembre.

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Una coppia di duemilaquattro del sottogruppo finale di 10 unità - caratterizzate dal mantice nascosto da due portelloni frontali - riparte da Salussola affrontando la curva in direzione Santhià. Le linee di Biella sono state da sempre uno dei feudi delle Breda, sin da quando sostituirono le anziane 772 negli anni '80.

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Vince la filosofia Fiat. Le 75 unità della serie 1500 portarono anche in casa Fiat i mantici ritraibili dietro a portelloni frontali, sperimentati sulle ultime 10 unità della serie 1400. Sebbene di poco meno potenti delle sorelle più anziane, per le 1500 vennero addirittura progettati dei rimorchi, grandi quante le stesse ALn e che da subito risolsero si i problemi di frequentazione e di elasticità nel servizio ma che si rivelarono anche una zavorra troppo impegnativa da trainare.

Due automotrici per un rimorchio sono la composizione di questo locale pomeridiano che - insieme ad una composizione di ALn 773, anch'essa del DL di Pavia - svolgeva tutti i servizi Pavia-Stradella della giornata. Gli unici treni elettrici a correre sotto questa catenaria vintage erano i pochi merci e i diretti Milano-Piacenza via Stradella della mattina e della sera.

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Le risaie di Ghislarengo testimoniano il transito di una coppia di 1500 lungo la Novara-Biella. Un PL rurale chiuso in mezzo al nulla, le rane che gracchiano e le due anziane 668 che si avvicinano borbottando fumo nero sono un quadretto decisamente da ferrovia secondaria.

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Le cenerentole della famiglia furono le 1600 e le successive 1700, figlie del piano decennale di spesa FS 1962-1972. Le 33 unità 1600 erano la naturale continuazione del successo delle 1500, mentre le 20 1700 ne differivano per l'adozione di un nuovo motore di derivazione camionistica che da qui in poi sarà lo standard per tutte le successive costruzioni. Mentre le 1600 furono spedite tutte in Sicilia, le 1700 restarono per decenni al fresco in mezzo alle montagne del Trentino, fra Valsugana e Pusteria.

La 1632 è appena arrivata da Alcamo via Milo con un locale pomeridiano nella stazione di testa di Trapani, dove sul binario a fianco sosta una più giovane serie 3000.

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Una coppia di 1700 con un treno per Schio riparte dalla stazione di Marano Vicentino, lungo la linea da Vicenza. Questa anonima fermata era una volta dotata di un impressionante scalo merci con un lungo piano caricatore a servizio dell'esercito, che durante la Grande Guerra movimentava soldati e mezzi verso il fronte poche decine di kilometri più a nord. Lo strano prato e un binario semisepolto erano ancora testimoni di questo triste passato.

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Le 1800 rappresentano una innovazione rispetto a tutte le serie precedenti, perchè adottano il nuovo carrello a doppio collo di cigno in luogo del precedente modello derivato dall'originale delle prime 1500. Quando le 85 unità vennero consegnate agli inizi degli anni '70, furono mandate quasi in massa al Sud, dove soppiantarono le 556 Breda, le 772 e la trazione a vapore lungo una moltitudine di linee secondarie e complementari.

Il deposito di Benevento è stata una delle cattedrali della trazione leggera diesel: una coppia di 1800 di quell'impianto sono in servizio sulla Campobasso-Isernia, qui colte in sosta nella deserta stazione di Guardiaregia.

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A fine anni '90 un manipolo di milleotto venne trasferito dal Sud e assegnato al DL di Pavia per i servizi sulle linee afferenti. In una fredda e umida giornata invernale a ridosso della fine anno, una coppia di 1800 - quella di coda già in xmpr, ma si vede poco.... ;-) - riparte dalla fermata di Gropello Cairoli con un regionale per Pavia. Queste unità saranno poi passate al parco di Trenord e alcune arriveranno a vestire i nuovi colori biancoverdi dell'operatore regionale.

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Le successive "micette" furono raggruppate nella sottoserie 1900, ma rispetto alle precedenti erano un altro mondo. Il collaudato frontale col ricasco del tetto tondeggiante e il tettuccio a coprire e raccordare i portelloni lascia spazio ad un nuovo disegno, più spigoloso e massiccio, derivato da quello costruito per la prima volta sulla ALn 668.1999 prototipo poi venduta da FIAT alla FSF Suzzara-Ferrara. Anche le porte di ingresso sono state completamente riprogettate ed il vestibolo è diviso in due, con larghezza minore ed in posizione paracentrica per un presunto miglior e più veloce incarrozzamento. Le 1900 negli anni '90 erano assegnate ai DL di Foggia e di Rimini ed erano presenza costante su tutte le linee non TE della Puglia e di parte della Calabria e della Faentina.

Il selvaggio paesaggio della Faentina nei pressi di San Cassiano assiste al passaggio di una coppia di 1900 riminesi con un treno diretto a Marradi.

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Lungo la Faenza-Lugo-Lavezzola un locale composto da 668.1900 e rimorchio Ln 664 (costruito in origine per le 1400 ma riadattato per l'uso con altre serie) transita sul leggero ponte metallico che passa sul Canale Emiliano Romagnolo, presso un PL incustodito con la sua brava croce di S. Andrea. Su questa linea in quell'anno circolava l'ultimo treno in orario con rimorchio bagagliaio-postale LDn.24, sempre in carico ad una 668.1900.

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Dopo le 42 unità serie 1900 vennero le 120 della serie 1000, così classificate per non occupare la numerazione del successivo migliaio che per convenzione decennale in casa FS era dedicata al materiale costruito dalla Breda (come le 2400). Le 1000 erano identiche alle 1900 e ne condividevano gli stessi pregi e difetti. Erano assegnate in oltre una decina di depositi lungo lo stivale, con le dotazioni più numerose a Lecco per i servizi sulla MMO e sulla Como-Lecco, a Verona per i treni sulle linee della bassa veneta, a Foggia in turno misto con le 1900 ed a Sulmona, in turno misto con le 1400.

L'unica 668.1900 assegnata al DL di Cremona bastava per assicurare il servizio straordinario invernale Cremona-Edolo, da Rovato a Edolo lungo i binari della SNFT. Un treno che conobbe in anni precedenti ben più successo, con composizioni fino a 4 automotrici. Ecco la 1013 in sosta a Iseo, in attesa di riprendere l'arrampicata camuna.

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Una delle unità foggiane è quasi arrivata alla stazione di Rocchetta S. Antonio con un locale da Potenza, diretto a Foggia. Il falso doppio binario delle linee di Gioia del Colle e di Potenza attraversa con un ponte e una curva il vallone dove è sistemata la stazione, che sta per essere benedetta da un temporale primaverile.

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Il sottogruppo prodotto l'anno successivo era costituito dalle 60 macchine serie 1200. Con queste si tornò al vestibolo unico centrale, ma non venne risolto il problema della potenza del motore, invero un po' scarsa, soprattutto sulle rampe del Veneto, dove tutte le unità vennero concentrate a partire dai primi anni '80 quando decretarono la fine delle 772 e 773 e relativi rimorchi e rimorchietti di fogge e forme. Dal DL di Treviso hanno servito ogni secondaria del triveneto, dalla Valsugana fino a Trento alla Pedemontana fino a Gemona, comprese ovviamente le linee della bassa.

Una delle stazioni italiane con il nome più strano è Stazione per l'Alpago, dove sono in sosta due 1200 con un treno Belluno-Conegliano.

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Un quattropezzi è fermo a Mestre con un treno proveniente da Trento e da Bassano, fuso insieme in stazione a Padova. Nonostante nei primi anni '90 proprio a Treviso iniziarono i lavori per l'adozione massiva di vetri frontali piani, ancora nel 1994 questa 668 presenta l'estetica originale di "come è giusto che sia", con vetri avvolgenti, portelloni senza gomma e ovviamente nessun fan-coil sul tetto per l'aria confezionata. Una ALn STORICA dovrebbe assomigliare a questa....

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Nel 1981 escono di fabbrica 40 unità della nuova serie 3000. Sono le sorelle delle 1200 ma con motore sovralimentato, che gli permette di raggiungere i 130km/h. Tutte le unità sono assegnate a Palermo, dal cui deposito coprono servizi in giro per tutta la Sicilia: ovviamente sulle linee di Trapani ma anche sulla trasversale interna da poco elettrificata e persino sull'embrione della metropolitana FS in Palermo città.

Una coppia di tremila arriva a Salemi-Gibellina, in un paesaggio già riarso dal sole. Appena prima del PL presso la stazione, passeranno sotto ad un ponticello che una volta permetteva alla ferrovia a 950mm di collegare Calatafimi e Salemi con Castelvetrano, Burgio e persino Corleone.

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Negli stessi anni la Fiat avvia la costruzione di 149 automotrici della serie 3100 che differisce dalle 3000 per la possibilità di comandare in comando multiplo 3 ALn invece che 2. Queste unità sono state la presenza costante in tutt'Italia, avendo assegnazioni in oltre 10 depositi, dal nord al sud. Pisa, Siena e Cagliari sono stati gli impianti con oltre 20 macchine in carico.

Una 3100 di Siena è in servizio sulla Faentina, dove la vediamo in partenza da Marradi dopo aver scaricato un manipolo di passeggeri.

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La strana coppia! Una 668.3100 unità ad una 663 lascia la stazione di Saluzzo con un treno per Cuneo, all'alba di una fredda giornata di Febbraio. Le 16 unità del DL di Cuneo coprivano servizi sulle linee della Granda fino ad Alessandria ma anche sul Tenda prima che questo venisse colonizzato dalle più moderne 663.

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Infine vennero le tremilaetrè! Le arrampicatrici per il deposito di Sulmona, derivate dalle 3100 ma con un rapporto di trasmissione più corto (ed il ritorno alla velocità massima di 120 all'ora) pensato per le dure linee appenniniche con rampe fino al 35 x1000. Furono tutte assegnate al deposito abruzzese e da sempre impegnate sulle ferrovie della regione, con puntate fino al Lazio sulla Roccasecca e al Molise fino ad Isernia.

Una coppia di 3300 termina in stazione a Rivisondoli (la seconda più alta d'Italia, a 1.268 metri) la dura salita, che si vede ad occhio nudo, che hanno iniziato a scalare partite da Roccaraso. La Primavera sul calendario è inoltrata, ma tarda ad arrivare: neve e piante ancora spoglie fanno capire che qui non si scherza.

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Pochi kilometri più a nord rispetto alla foto precedente, una collina permette di godere della vista quasi completa della Piana delle Cinque Miglia, un pianoro di prati e pascoli incastonato fra le cime della Maiella e degli Appennini. La linea attraversa quasi tutto l'altopiano e la sagoma di una 668.3300 in singola quasi scompare di fronte a cotanto paesaggio.

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Il nostro viaggio è finito! Cosa ci resta adesso, oltre al ricordo e alle immagini? Un manipolo di automotrici di varie serie, delle quali però non è chiaro il destino. Quelle dei sottogruppi più anziani sono tutte ferme, già restaurate ma scadute di revisione oppure ancora completamente da rimettere in sesto (serie 1400, 1500 e 1600). C'è una coppia di 1800, scaduta e da revisionare. E una decina di quelle più recenti, delle quali meno di 5 sono attive nel parco storico. Non una bella maniera di preservare un vero elemento di storia delle nostre ferrovie. Speriamo in un futuro più attento.

Fonti:

"ALn 668 - Le automotrici d'Italia Volume 1 e 2" di Marco Bottazzi, edizioni Artestampa
"Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Automotrice_FS_ALn_668"

Pagine fotografiche sul sito:

1400: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=355
2400: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=356
1500: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=357
1600: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=358
1700: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=359
1800: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=360
1900: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=363
1000: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=361
1200: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=362
3000: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=364
3100: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=365
3300: https://www.photorail.it/forum/index.php?action=gallery;cat=366

Altri articoli con storia e fotografie:

ALn 668 su binari minori: https://www.photorail.it/phr3-gli%20updates/articoli2007/febbraio2007.htm
Luglio 2001 - "Duemilaquattro": https://www.photorail.it/forum/index.php?topic=19279.msg506442#msg506442
Febbraio 2004 - "Vecchiaia di una 668": https://www.photorail.it/forum/index.php?topic=19298.msg507222#msg507222
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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 04 Marzo 2025, 18:10:19 »
DICEMBRE - "Quasi un treno in strada"

E' ormai da moltissimi anni che questa tradizione si perpetua. E sembra incredibile ogni anno che riprenda. Per questo ogni Giugno alcuni fotografi fanno il loro doveroso pellegrinaggio lungo il binario consumato della tranvia interurbana Milano-Limbiate. Perchè sanno che ogni Giugno potrebbe essere l'ultimo ad offrire questo spettacolo. Perchè sanno che il prossimo Settembre - al riaprirsi delle scuole - la moltitudine di ragazzi e bambini che usano il "trenino" potrebbe viaggiare sul solito "Bloccato", anzichè su questo pezzo da museo che ogni giorno arriva a Milano dall'hinterland.

Il "trenino" in realtà segna un confine proprio labile fra il concetto di piccolo treno e grande: veder sfilare questo convoglio di cinque pezzi nelle strade congestionate di Milano e dei paesi lungo la vecchia Valassina fa un gran impressione e rimanda la mente a ricordare che una volta, fino a che l'uomo non fu preda dell'auto, questo spettacolo era così comune.... Tutte le mattine da lunedì a venerdì, in periodo scolastico da Settembre a Giugno, nel Dep. di Varedo fervono i preparativi. Si sceglie la motrice che farà il turno fra le 3 "Reggio Emilia" disponibili. Il tranviere di servizio con sapienti movimenti fra scatti di extrarapido che rimbombano sotto le tettoie della rimessa e fischietti in codice del manovratore conduce la sua unità sugli intricatissimi scambi del deposito. Retrocede poi ad avvicinarsi ai quattro rimorchi del suo treno, parcheggiati dal giorno prima sui tronchini scoperti. Qualche tocco al timone e la Reggio si avvicina al rimorchio mentre il manovratore tiene in posizione l'imbuto del gancio. Bloccato il perno e assicurate le condotte dei freni e dell'illuminazione il convoglio è pronto ad uscire. Qualche rotazione al timone della Reggio Emilia e il treno di 5 pezzi già esce dal cancello. Altro fischietto del manovratore che ha appena girato lo scambio e breve retrocessione. Tutto è pronto.

Si attende l'arrivo del Bloccato da Limbiate, che termina la sua corsa qui a Varedo alle 6.44. Il trasbordo dei passeggeri non è certo dei più agevoli ma in tre minuti si risolve tutto. Alle 6.47, in ritardo di due minuti, il treno si muove. Ogni paese che il treno attraversa si riempie sempre più. Nonostante i 4 rimorchi siano molto capienti si fa fatica a salire. Ma il punto di osservazione privilegiato è sulla motrice. Questa bellissima Reggio Emilia, "made by Reggiane, Italy", nel lontano 1928. Tutta acciaio, bulloni e legno. I lampadari all'interno in vetro stile floreale, i sedili in legno lucido e quei bellissimi finestrini arcuati che fanno tanto liberty. Il tranviere - qualifica un pò riduttiva, potremmo tranquillamente chiamarlo macchinista - ha il suo bel daffare a condurre questo pesante convoglio in mezzo alle ingolfatissime strade della provincia milanese. Sempre viaggiando a lato di un serpentone di lamiera e gomma in perenne sosta, scorrono i paesi di questa arteria: Palazzolo Milanese, Cascina Amata, Paderno Dugnano. A Cascina abbiamo incrociato un treno ascendente. La disciplina degli automobilisti è ormai un sogno e troppe volte il conducente ha dovuto serrare i freni in modo brusco. Le imprecazioni all'indirizzo del solito di turno sono affidate al fischio acuto e pieno della Reggio Emilia, che fa da sveglia a quelli che abitano lungo la statale.

Il più è fatto: siamo già a Cormano. Dopo la sosta alla fermata di una vecchia fabbrica impiegheremo qualche minuto per attraversare la stessa statale, già alle porte di Milano. Curva e controcurva in trincea e il treno si infila lungo la rampa in sede riservata di Viale Rubicone, unica concretezza del fallito progetto per le linee celeri della Brianza. Osservare dalla motrice, attraverso i finestrini, i quattro rimorchi dondolare ad ogni giunzione del binario mette un pò di ansia ma da decenni - in barba all'USTIF - tutto fila sempre liscio. La manutenzione sui mezzi è buona e i carrelli tipo Diamond dei vecchi rimorchi non dimostrano affatto i loro 80 e passa anni, se non nel confort.

Come se nulla fosse la Reggio si tira il suo treno sulla ripida rampa del sovrappasso FNM, poi affronta frenando poderosamente la discesa per rallentare fino quasi a fermarsi appena prima di affrontare la strettissima curva a 90° con controrotaia che immette in via Vincenzo da Seregno, capolinea della tranvia. Una fiumana di ragazzi e pendolari sciama dal treno riversandosi sugli autobus delle linee urbane in molteplici direzioni. Nel frattempo la Reggio Emilia sta già manovrando sui corti tronchini del capolinea provvisorio, per invertire la posizione e riattestarsi ai 4 rimorchi ormai vuoti. Anche qui il timone - tipico controller a forma di timone nautico che equipaggia questi mezzi - è in rotazione continua, quasi il tranviere stesse controllando un vascello nella tempesta. Se penso quando questi treni - 4 coppie al giorno - arrivavano e partivano da una infernale via Farini, deduco che tutto sommato ora è un pò meglio...

Il viaggio di ritorno, partenza alle 7.25, è senza storia: la missione è ben diversa e non ci sono infreddoliti pendolari ad affollare le panche. Il treno è quasi vuoto e basta la motrice ad ospitare i viaggiatori. Si arriva a Varedo in orario e si traborda ancora su un Bloccato già in attesa per proseguire il viaggio fino a Limbiate. Il treno con la nostra Reggio invece già retrocede e imbocca lo scambio del deposito. Ancora una mezz'oretta di manovre e tutto si ferma. Domani mattina presto è il prossimo appuntamento....finchè dura.

Ieri...







...e oggi











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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 04 Marzo 2025, 18:03:44 »
NOVEMBRE - "SBB Cargo in Italia"

2004 sono quindi iniziati alcuni servizi fra Chiasso e Molteno e Oggiono, principalmente per il trasporto di legname e di coils. I treni erano quindi affidati alle loco con insegne Hupac e l'avvento futuro del marchio SBB era ancora poco visibile. Quando Hupac iniziò i suoi propri servizi fra Busto e Chiasso le quattro locomotive non erano sufficienti a coprire i vari turni. Nel frattempo stavano iniziando le consegne e la lunga certificazione le prime G.2000 Vossloh, dall'orrida estetica ma dall'affidabilità provata. Fu quindi noleggiata una G.2000 di ACT, già certificata, che circolò sui merci brianzoli per qualche mese, poi una G.2000 noleggiata ad Angel Trains. A metà 2004 la dotazione di G.2000 SBB Cargo raggiunse la quota definitiva di tre unità, classificata in duplice modo: Am 840 in Svizzera e G.2000-xx in Italia. La vivace colorazione rosso/blu con le grosse scritte Cargo iniziò a popolare i binari della Lombardia. Nello stesso periodo però SBB iniziava ad effettuare altri treni: due coppie giornaliere fra Chiasso e Lecco (via Carnate e via Monza con inversione di marcia) e una coppia domenicale Domo2-Novara Borghetto per trasporto autocarri. Questa crescita di servizi richiese ulteriori locomotive. Usando le 3 G.2000, le 4 D.753 Hupac e due G.2000 noleggiate da Angel Trains si riuscì a garantire tutto il programma. Ma in previsione c'erano ulteriori sviluppi: a Firenze stava passando la prova di certificazione per l'Italia la prima E.189 Dispolok.

Ad Agosto 2004 in sosta a Chiasso ci sono le prime 6 E.189 giallo/blu e giallo/argento pronte a calare in Italia appena fosse stato dato il via da RFI. Le cose sono andate per le lunghe e fino a Dicembre è tutto fermo alla situazione precedente. Ma la svolta anche se in ritardo è consistente: da Dicembre le 10 E.189 iniziano il servizio sulla Luino-Busto Arsizio e presto avviene la rivoluzione: sulla tratta si effettuano tutti i giorni non meno di 15 coppie di merci con l'effetto che piano piano la presenza di Trenitalia Cargo scompare, lasciando ad oggi solo un paio di coppie più una tradotta. Nelle piccole stazioni di Besnate, Ternate e Mornago si assiste ad un continuo transito di merci di container affidati alle nuove loco. A questi si affiancheranno poi altre 3 coppie affidate alle G.2000 della tedesca Railion, anch'essa in fase di crescita sul mercato italiano. Nello stesso momento si attivano anche nuovi treni fra Domo2 e Trecate, via Borgomanero e Novara, prima in carico alle G.2000 poi alle Dispolok. Nello scalo di Trecate si assiste alle manovre fra le gialle Dispolok e la nuova arrivata dalla Cekia D.740 del locale raccordo petrolchimico. La situazione rimane stabile, anche a causa del lentissimo iter burocratico per le nuove elettriche Re.484, in prova a Firenze. Le E.189 e le G.2000 vengono usate in modo promiscuo su quasi tutti i servizi, per cui anche su Novara si assiste al passaggio di RoLa al traino di E.189.

La situazione si sblocca solo a Gennaio 2005: alla fine del mese le Re.484 - in Italia numerate come E.484 - sono finalmente abilitate ad operare. Le 18 locomotive da mesi in sosta al deposito di Bellinzona iniziano il servizio e la colonizzazione della Luino-Gallarate-Busto è cosa fatta. Con questa invasione rosso/blu tutti i servizi - eccetto quelli su linee non elettrificate - vengono passati in carico alle nuove arrivate. Le vediamo così a Trecate, sul Sempione, sulla Chiasso-Milano, sulla Luino-Gallarate. Le G.2000 - rimaste tre dopo la restituzione delle unità Angel Trains - rimangono sulla Chiasso-Oggiono e sulla relazione domenicale fra Domo2 e Novara. La valanga svizzera è in pieno effetto: sulla linea di Luino si assistono a doppie trazioni, rimandi, merci di ogni genere. A causa di questa esplosione di traffico viene costruita anche una nuova bretella di collegamento nella stazione di Sesto Calende. In questo modo la fluidità del traffico merci ne guadagna parecchio: i treni dalla Svizzera percorrono la via Luino-Gallarate-Busto mentre i treni diretti all'estero da Busto vanno via Gallarate-Sesto C.-Laveno-Luino. Il monopolio delle E.484 permette anche la restituzione a Dispolok delle 8 E.189, parcheggiate in attesa del ritorno in patria sin da Agosto 2005. Lasceranno il nostro territorio a Settembre, alcune vi rimetteranno piede con nuovi colori e nuove insegne (alcune andranno a FNC, altre a RTC).

A Settembre 2005 arriva in Italia la prima di altre 12 nuove locomotive, questa volta costruite da AD Tranz/Siemens : sono le future Re.474, in Italia E.474. La prima unità giunge il 21/9 a Vado Ligure per iniziare un ciclo di prove. Nel frattempo a Ottobre SBB Cargo si può permettere di restituire definitivamente a Hupac le D.753, che verranno dopo poco cedute a Railion. Solo a Gennaio 2006 le E.474 iniziano i servizi, dopo alcuni problemi di messa a punto che porteranno SBB Cargo a restituire al costruttore 4 ulteriori loco e ad annullare la commessa delle ultime 4. Le E.474 circolano in turno misto con le E.484 sulla Luino-Gallarate e poi espandono il loro raggio di azione. In Febbraio SBB Cargo prende in carico il merci Padova-Chiasso finora gestito fa FNC e gli assegna proprio una E.474. A Marzo SBB Cargo si installa a Melzo con i treni di container diretti al locale interporto, prima feudo esclusivo delle Nord Cargo. Intanto anche sulla linea di Chiasso esplodono i servizi degli svizzeri, subentrando a FNC su alcuni treni fra Desio e Chiasso per coils e a Railion fra Carimate e Chiasso per trasporto auto.

Attualmente i servizi di SBB Cargo sono consolidati e non ci sono state ulteriori novità. Fra i programmi futuri si parla di iniziare nuovi servizi fra Brescia e Chiasso e Domodossola, inoltre dopo alcune corse di prova non si è concretizzata la partenza di treni fra Modane e Avigliana, conquistati invece dall'emergente FRET Cargo Italia. La flotta di locomotive SBB Cargo conta attualmente 3 G.2000, 18 E.484 e 9 E.474 : tre unità di quest'ultimo gruppo sono infatti state noleggiate a FNC per servizi merci su rete RFI.

Di seguito un elenco di treni fotografabili di SBB Cargo (fra parentesi i giorni totali di effettuazione nell'anno) :

TEC 42034 GALLARATE 12.14 LUINO 13.29 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 40100 Melzo 14.40 CHIASSO SMIST. 16.01 ( 260 ) E474 SBBCI
TEC 43093 LUINO 9.06 GALLARATE 10.11 ( 260 ) E484 SBBCI
LIS 38172 GALLARATE 7.04 LUINO 8.21 ( 260 ) Loc.Isol.Elettrica SBBCI
TEC 43088 GALLARATE 13.55 LUINO 14.39 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 42027 LUINO 16.30 GALLARATE 17.34 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 42017 LUINO 6.20 GALLARATE 8.25 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 42005 LUINO 7.40 GALLARATE 8.41 ( 260 ) E484 SBBCI
TEC 43076 GALLARATE 15.45 LUINO 16.46 ( 240 ) E484 SBBCI
TEC 42018 GALLARATE 17.01 LUINO 17.47 ( 240 ) E484 SBBCI
TEC 43073 LUINO 12.20 GALLARATE 13.11 ( 240 ) E484 SBBCI
MT 51703 CHIASSO 7.09 Oggiono 8.40 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51706 Oggiono 9.40 CHIASSO SMIST. 12.28 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51707 CHIASSO 14.21 Oggiono 16.44 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51708 Oggiono 17.32 CHIASSO SMIST. 19.43 ( 233 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51715 51716 CHIASSO 8.33 Lecco Maggianico 10.17 ( 225 ) D G2000 SR SBBCI
MT 51711 51712 Lecco Maggianico 13.20 CHIASSO SMIST. 14.45 ( 225 ) D G2000 SR SBBCI
MRS 51437 51438 CHIASSO 18.57 Lecco Maggianico 20.21 ( 225 ) D G2000 SR SBBCI
TEC 43089 LUINO 17.13 GALLARATE 18.09 ( 208 ) E484 SBBCI
TEC 42021 LUINO 12.05 GALLARATE 12.55 ( 208 ) E484 SBBCI
TEC 43075 LUINO 12.35 GALLARATE 13.34 ( 208 ) E484 SBBCI
LIS 38171 LUINO 18.53 GALLARATE 20.10 ( 208 ) Loc.Isol.Elettrica SBBCI
TEC 40104 Melzo 17.14 CHIASSO SMIST. 18.45 ( 208 ) E474 SBBCI
TEC 43098 GALLARATE 17.20 LUINO 18.42 ( 192 ) E484 SBBCI
TEC 43681 DOMO II 7.20 Novara Boschetto 9.25 ( 156 ) E474 SBBCI
TEC 40106 PD INTERPORTO 15.45 CHIASSO SMIST. 21.55 ( 156 ) E474 SBBCI
LIS 38161 DOMO II 17.35 Trecate 19.43 ( 104 ) Loc.Isol.Elettrica SBBCI
MRI 49627 DOMO II 17.35 Trecate 19.43 ( 104 ) E474 SBBCI
TEC 40126 PD INTERPORTO 15.45 CHIASSO SMIST. 21.55 ( 104 ) E474 SBBCI
MRI 49636 Trecate 13.18 DOMO II 16.11 ( 104 ) E474 SBBCI
MRI 49634 Trecate 13.18 DOMO II 16.11 ( 104 ) E474 SBBCI
TEC 40124 Melzo 17.14 CHIASSO SMIST. 18.45 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40113 CHIASSO 11.55 Melzo 13.03 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40125 CHIASSO 11.55 Melzo 13.16 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40108 Melzo 17.14 CHIASSO SMIST. 18.45 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 40102 Melzo 14.40 CHIASSO SMIST. 16.01 ( 52 ) E474 SBBCI
MRI 46494 Carimate 17.20 CHIASSO SMIST. 17.44 ( 52 ) D G2000 SR SBBCI
MRI 46493 CHIASSO 12.09 Carimate 12.33 ( 52 ) D G2000 SR SBBCI
TEC 43685 DOMO II 12.21 Novara Boschetto 14.14 ( 52 ) E474 SBBCI
TEC 43097 LUINO 17.13 GALLARATE 18.09 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 43021 LUINO 9.18 GALLARATE 10.11 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 43022 GALLARATE 13.55 LUINO 14.39 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 42025 LUINO 8.40 GALLARATE 9.40 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 42023 LUINO 10.43 GALLARATE 11.26 ( 52 ) E484 SBBCI
TEC 42020 GALLARATE 17.01 LUINO 17.47 ( 48 ) E484 SBBCI
TEC 42024 GALLARATE 18.40 LUINO 19.48 ( 48 ) E484 SBBCI
TEC 43094 GALLARATE 14.20 LUINO 15.40 ( 48 ) E484 SBBCI


























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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 04 Marzo 2025, 17:50:34 »
OTTOBRE - "Raccordi a Cava Tigozzi"

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L'area del porto canale di Cremona così come appare oggi è il frutto di un'evoluzione accaduta in moltissimi anni. Lo sfruttamento di un'arteria viabile così importante come il Po è storia antica, ma solo negli anni '50 iniziano i progetti per una razionalizzazione e modernizzazione di questo tipo di trasporto che culminerà negli anni '70 nella costruzione degli invasi attuali e nell'installazione di alcune grandi industrie, a confermare la possibilità di un utilizzo per il trasporto pesante della via fluviale. Nonostante questa forte volontà di rilancio, il porto stenta ancora oggi a decollare, generando pochissimo traffico. Tutto il comprensorio è in espansione come polo industriale della bassa cremonese e della città delle torri, grazie a possibilità logistiche ampie fornite dal trasporto gommato ma soprattutto da quello ferroviario, perdendo sempre più l'originale connotazione di centro intermodale strada-ferrovia-fiume.

Le industrie collegate via ferrovia sono molteplici e operano in diversi settori: acciaio, gas, legname, cereali, olio combustibile, cantieri e carpenteria pesante. Il servizio ferroviario è organizzato utilizzando uno scalo di base posto nei pressi della stazione FS di Cava Tigozzi, sulla linea Cremona-Codogno. In questo ampio scalo in parte elettrificato giungono mediamente 8 treni merci al giorno, trazionati da DGOL (Cargo Trenitalia) e in futuro probabilmente da Serfer e Railion. Dallo scalo suddetto partono le tradotte verso i raccordi delle varie industrie. Questi treni non hanno un orario fisso, vengono effettuati all'occorrenza, a cura dei locomotori diesel in dotazione ad ogni singola industria. Le numerose corse fra lo scalo e il fascio di smistamento, posto dopo un tratto in curva a doppio binario e parallelo alla strada di comunicazione ai vari impianti, sono sorvegliate da addetti alla sicurezza che devono bloccare il traffico stradale dei numerosi passaggi a livello che caratterizzano la zona. A metà della curva di cui sopra esiste un bivio ulteriore - raccordato anche con un'altro tratto a formare un triangolo di inversione - che conduce ad altri raccordi. In origine questo binario conduceva solamente agli impianti di una delle acciaierie (Arvedi) e ai tronchini posti ai lati delle banchine portuali, da sempre pochissimo utilizzati. Negli ultimi 3 anni sono stati installati altri 3 raccordi, attualmente molto utilizzati, per impianti nuovissimi di stoccaggio petroli e cereali.

Vediamo ora i singoli raccordi e i loro servizi. Venendo dallo scalo FS percorriamo la curva a doppio binario e impegnamo il binario che porta a destra. Subito dopo si attraversa la via Acquaviva e giunge un altro bivio. Un ulteriore ramo a destra porta alla parte nuova dello scalo, completata solo a fine 2005. Un tratto conduce alle spalle della zona della darsena fino al nuovo impianto di stoccaggio e distribuzione della raffineria Tamoil, racchiusa da un cancello e dotata di 3 binari tronchi. L'altro tratto conduce allo scalo di due binari della Lameri Spa, che conserva in silos prodotti pulverulenti alimentari. Presso quest'ultimo raccordo è parcheggiata la V.216 K.055 della Serfer, finora usata per poche corse di prova. In sua vece attualmente le manovre sono svolte da una D.146 FS che giunge da Cremona in testa ad una apposita tradotta. Sul ramo della Tamoil invece opera una nuovissima locomotiva, ricostruita dalla IPE su un precedente modello tedesco, a carrelli con una vivace livrea arancio/blu. Questa è di proprietà della SOGRAF, che gestisce le manovre per conto dell'Ente portuale di Cremona per quelle ditte che non intendono farlo in proprio. Precedentemente l'Ente portuale effettuava questo servizio in proprio, utilizzando un poco potente locomotore a due asse ex gruppo FS 225.7, ora accantonato presso una banchina della darsena.

Al secondo bivio, appena arrivati al PL di via Acquaviva, adesso imbocchiamo invece il ramo in curva verso sinistra, che dopo pochi metri ci introduce all'interno dell'acciaieria Arvedi, che fra l'altro costruisce grossi tubi e pipelines. Qui opera un Badoni di modello imprecisato, recante nessuna marcatura. Un altro Badoni più vecchio giace accantonato presso un'altra banchina della darsena principale.

Se invece al primo bivio ci dirigiamo ora verso sinistra entriamo nello scalo base al servizio dei vari raccordi, parallelo alla stessa via Acquaviva. Qui ci sono quattro binari molto lunghi sui quali sostano sempre treni completi in attesa di inoltro. Da questo fascio si dipartono due raccordi. Uno inutilizzato conduce al Consorzio Agrario Provinciale. L'altro, poco più lungo, entra nel perimetro della Abibes. Questa ditta si occupa di stoccare gas liquido GPL che giunge via ferrovia in cisterne bianche. La locomotiva a servizio della Abibes è nientemeno che una ex belga gruppo 60, revisionata ormai parecchi anni fa da Gleismac.

Proseguendo invece lungo la fine del fascio di parcheggio il binario affronta una curva a sud, toccando il confine della frazione di Spinadesco, in direzione di un grosso impianto di trattamento e conservazione di scorie pesanti, come quelle della vicina Arvedi. L'impianto, racchiuso da alti muri di contenimento in terra battuta, è gestito dalla ISP Srl. Il binario di prima aggira tutto l'impianto con curve e lunghi tratti rettilinei, fino ad arrivare ad uno scalo di tre binari tronchi, raggiungibile dopo una ripida discesa. Da questo scalo, in regresso, un binario parte verso l'interno dell'impianto. Su questa tratta manovrano due locomotive: una Esslingen a 3 assi e una grossa ex V.80 DB, entrambe caratterizzate dal colore giallo a fasce blu/bianco. All'interno dello scalo sostano anche due Badoni in stato di accantonamento.

Indubbiamente Cava Tigozzi rappresenta un polo industriale in piena espansione: altri bandi di gara sono stati emessi per la costruzione di due nuovi raccordi e l'arrivo della nuova loco a carrelli si configura nella prospettiva della crescita dei volumi movimentati. Ad ogni ora che si transiti nei pressi degli scali capita di vedere una manovra e dato il panorama multicolore e variegato dei mezzi in uso c'è da dire che il divertimento è assicurato. Peccato che l'unica modalità di trasporto meno utilizzata sia proprio quella fluviale....































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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 04 Marzo 2025, 14:56:52 »
SETTEMBRE - "Archeologia ferroviaria in Sardegna"

Durante una vacanza con la famiglia in Sardegna nella splendida zona della Costa Verde è stato quasi d'obbligo ricercare le tracce di un passato ferroviario assolutamente sconosciuto. Ho potuto perlustrare due soli impianti della vasta ragnatela di binari di ogni scartamento che una volta caratterizzava il Sulcis, ma anche solo l'atmosfera che regalano questi reperti ha valso la fatica. Il primo complesso in esame riguarda la zona di Ingurtosu e Piscinas, sede di importanti e numerose miniere di carbone e zolfo. Le miniere della zona di Ingurtosu erano sfruttate sin dal 1600, ma l'argomento del nostro interesse compare solo nel 1871.

In quello stesso anno poco più a sud venne inaugurata la prima ferrovia a scartamento ridotto in Italia, la Monteponi-Portovesme, finanziata da capitali inglesi e equipaggiata con locomotive a vapore e carrozze nello stile costruttivo tipico della metà dell'800 cabine aperte e telaio esterno per le loco e telai in legno e repulsori egualmente in legno per il materiale rimorchiato. Questo dopo molti anni di esercizio a trazione animale. La costruzione della Monteponi Railway implicò anche alcune problematiche costruttive che si ribalteranno poi sulle future ferrovie a scartamento ridotto italiane, con la nascita del cosiddetto "scartamento ridotto italiano" a 950mm. Questa linea venne infatti equipaggiata con un binario a scartamento metrico, dove la misurazione della distanza fra le rotaie venne rilevata fra le facce esterne delle rotaie, anzichè sulla più corretta mezzeria della rotaia. Calcolando la distanza sulle facce esterne, questa sarebbe variata ogni volta che la linea venisse equipaggiata con rotaie più robuste e quindi più larghe. Capito l'errore interpretativo fu però impossibile rimediare perchè nella regolamentazione governativa sulle concessioni delle costruzioni ferroviarie questo metodo di misura era già stato adottato. L'unica correzione applicabile fu quella di iniziare da allora a misurare le mezzerie delle rotaie, stabilendo però questo nuovo scartamento tutto nostro di 950mm.

Sempre gli inglesi e ancora nel 1871 costruirono un'altra linea con scartamento a 600mm per collegare i grandi impianti di trattamento del minerale estratto - dove lo stesso arrivava a groppa di mulo o cavallo o più tardi teleferiche - ad un magazzino nella bellissima spiaggia bianca di Piscinas. Questo fino al 1875 era niente più che uno spazio all'aperto dove il materiale veniva accatastato in attesa di essere imbarcato tramite un pontile in legno dotato di binario sulle tipiche imbarcazioni a vela chiamate bilancelle che stavano di base al porto di Carloforte. Nel 1875 venne costruito un basso ma ampio edificio che ebbe questa funzione fino alla fine dell'attività estrattiva. La linea era equipaggiata con rotaie leggere inchiodate a traverse in legno, tra le quali erano interposte delle lastre di pietra, allo scopo di rendere tutta la struttura abbastanza rigida e resistente, anche se poggiante - soprattutto nell'ultima parte di percorso - su banchine sabbiose sottoposte ad un vento molto forte. La linea aveva un profilo abbastanza tormentato, pieno di curve. Oltre al piccolo scalo di Piscinas esisteva una "stazione" in località Tinacci, dove si staccavano alcune antenne che conducevano ad alcuni pozzi di escavazione. Sempre risalendo il corso di un fiume affluente del Rio Piscinas dopo circa 7km le rotaie arrivavano alla località di Naracauli, dove dal 1900 venne costruita un'unica grande laveria per il minerale in luogo delle precedenti separate di Bau e Naracauli. Questa laveria edificata da opera di un conte inglese - tale Brassey - è la più impontente opera ancora esistente ed affascinante di tutto il complesso, oltre al villaggio minerario di Ingurtosu. Oltre la laveria alcune teleferiche portavano il minerale dalle quote più elevate all'impianto, mentre un altro ramo ferroviario raggiungeva il pozzo Gal - perfettamente restaurato - altri 2km più a est. Dalle pochissime foto esistenti si può supporre che l'esercizio su questa liena fosse a trazione animale.

Le miniere cessarono di funzionare nel 1943: molti minatori vennero licenziati, altri tenuti in sospeso in caso di una eventuale ripresa degli scavi. Ma pochi anni dopo la vena mineraria della zona si esaurì e tutto si fermò e venne lasciato all'abbandono. Il magazzino sulla spiaggia di Piscinas venne convertito negli anni '50 in una colonia per i figli dei minatori e tale arrivò fino a metà anni '70. Ora - e dal 1985 - è un prestigioso albergo che permette di gustare la bellezza di questa spiaggia così rinomata. Solo recentemente con l'istituzione del parco geominerario del Sulcis i resti della piccola ferrovia - incredibilemente arrivati fino ai nostri giorni - sono assurti a museo e alcuni vagoncini e spezzoni di rotaia stanno a testimoniare questa epoca così remota. Tutta la sede della linea si intuisce ancora bene nella valle di Ingurtosu ma riesce così difficile immaginare questi piccoli convogli affidati ai cavalli percorrere la linea.

Intanto un pò più a sud sin dal 1869 la Società Mineraria di Montevecchio progettava un'altra realizzazione ferroviaria, che si concretizzò nel 1876. La linea era lunga poco più di 18km e collegava l'imponente impianto estrattivo e di laveria di Montevecchio-Xiria (poi Sciria) con la ferriera di San Gavino, dove era inoltre possibile il trasbordo del materiale sui carri delle ferrovie Reali Sarde e poi FS. Lo scartamento anche questa volta era tipico delle decauville, a 600mm, ma il traffico supportato dagli esili binari era molto più impegnativo che sulla linea di Piscinas. I treni carichi di zinco e piombo infatti erano trainati da 3 locomotive a vapore con la potenza di 25 HP costruite negli stessi anni con alcuni accorgimenti molto rudimentali: i repulsori ad esempio erano due per testata, piccoli e ravvicinati. L'unico repulsore centrale non era ancora stato inventato. La dotazione del parco rotabili comprendeva inoltre 3 carrozze a 2 assi e 30 carri merce di varia foggia. Le carrozze per i viaggiatori venivano incluse nella composizione se c'era abbastanza richiesta. Esisteva inoltre un unico bagagliaio, sempre a 2 assi. Dalle poche foto disponibili si può però intuire che nel corso degli anni le 3 locomotive a vapore vennero integrate da almeno un'altra unità, di costruzione tedesca e dall'aspetto molto diverso.

Il percorso era pianeggiante da S.Gavino fino alla fermata di Nuraci, al servizio in realtà del più grosso borgo di Guspini, il cui fabbricato viaggiatori è ancora perfettamente esistente. Da qui fino a Sciria iniziava una leggera salita fino alla rampa del 30 pe rmille posta poco prima del capolinea, il cui piazzale e fabricati sono ancora esistenti. Tutto il tracciato è perfettamente visibile dalla strada parallela e anche ben conservato. Questo è infatti uno dei presupposti del progetto di riattivazione di questa breve linea per condurre i turisti dalla ferrovia FS all'ingresso del parco geominerario, che a Montevecchio trova la sede del museo e di alcuni uffici amministrativi.

Gli impianti di Montevecchio sono entrati in crisi a metà anni '60, quando l'esercizio della linea era già soppresso da due anni a favore del trasporto gommato. Nel 1971 lo sfruttamento continuativo delle miniere cessò e tutto fu abbandonato, anche se i minatori con scioperi e proteste riuscirono a prolungare la vita della società che smise però di esistere nel 1991. Da allora il nulla e l'abbandono.

Carta IGM 1:25000 linea Ingurtosu-Piscinas

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Carta IGM 1:25000 linea S.Gavino-Montevecchio

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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 04 Marzo 2025, 14:46:20 »
AGOSTO - "Un giorno fra i monti a Goriano Sicoli"

Una calda sera di Luglio avviene un rapido scambio di telefonate fra i tre amici. L'appuntamento è per il pomeriggio tardi del giorno successivo, il 12 Luglio, in Milano Centrale. Sotto le arcate della stazione i due da Milano si sarebbero imbarcati su un espresso per il sud, che a Bologna avrebbe accolto anche il terzo membro della avventurosa compagnia, proveniente da Rovereto. A Bologna in piena notte è il caos: l'espresso ha un'affluenza imprevista e viene deciso di aggiungere un paio di carrozze in coda al treno, fra masse di passeggeri imbufaliti e addormentati che le vogliono prendere d'assalto ancora prima che siano agganciate. Con un'ora di ritardo il treno lascia il nodo felsineo e nella notte prosegue la sua lenta marcia lungo la dorsale adriatica. Il dormiveglia caratterizza il viaggio dei tre. Uno di loro scorge nella notte una sagoma strana parcheggiata a S.Benedetto del Tronto, dove si aspettavano invece il profilo familiare e imbattuto di un ETR.230. Le domande però non prendono il sopravvento sul sonno e arrivano dormendo fino a Pescara C.le, intorno alle 4 di mattina. Qui i tre si riparano in una sala d'attesa in compagnia di una decina di senzacasa fino alla partenza del primo treno utile in direzione Sulmona, alle 6 e 15. L'interregionale parte puntuale e il viaggio continua fra le cime dell'Appennino fino a Sulmona e appena oltre. I tre infatti poco dopo le 7.00 scendono dal convoglio e giungono così alla loro meta: Goriano Sicoli.

Questa stazione - allora presenziata - è situata appena oltre una lunga galleria e poco dopo un tratto di linea a mezzacosta dai paesaggi mozzafiato. I tre destano curiosità nell'assonnato Dirigente Movimento, che esce dal suo ufficio e li guarda... "Io ti ho già visto! Anche tu!" Che memoria aveva il DM: due dei tre avventurosi erano già stati lì un anno prima e il ferroviere se li ricordava ancora! I tre si presentano come appassionati di treni ed esprimono il loro desiderio: riuscire a raggiungere quel bellissimo tratto a mezzacosta che sta al di là della galleria, solo per fare un pò di foto, di quelle buone. Il ferroviere ci pensa un pò su e indica loro due vie: possono attraversare la galleria, lunga circa un kilometro, oppure possono arrivarci via strada, dopo 6/7 kilometri di tornanti c'è un sentiero che porta proprio sopra il portale della galleria. Da qui i tre potrebbero scendere sul binario e scattare le foto che vogliono.

Entrambe le ipotesi lasciano i tre sbaragliati e scoraggiati... Il ferroviere capisce la loro delusione e pensa un momento in silenzio. Poi si convince e si fa trascinare dal suo carattere straordinario: chiude la stazione con le chiavi - il prossimo transito sarebbe stato fra un'ora - sale sulla sua auto e invita a bordo i tre miserabili, che stupiti ma felici accettano. Si incamminano lungo i tornanti della provinciale e arrivati sul luogo si separano: il ferroviere indica loro il sentiero per il portale che i tre imboccano un pò indecisi, dopo aver ringraziato di tanta bontà l'uomo. La discesa si rivela un pò dura: il sentiero in realtà è appena accennato, pieno di rovi e fra gli abeti. Dopo qualche impaccio però l'obiettivo è raggiunto: sono sopra il portale e dopo una discesa lungo il muraglione di contenimento sono finalmente sul binario. La giornata è tersa, il cielo blu cobalto e il sole ancora basso comincia già a scaldare. Sotto questo clima i tre resteranno tutto il giorno lungo quei 9 kilometri a cogliere ogni transito, fino ai due che più agognano.

I primi passaggi sono un locale con E.636 e carrozze X, poi un IR con E.656 e MDVE. Già giunge il primo momento clou del giorno: il transito dell' Intercity S.Benedetto del Tronto-Pescara-Roma da ormai qualche mese espletato da un ETR.220/230. La sagoma intravista nel buio del viaggio sull'espresso però ora torna alla mente dei tre che cominciano a temere il peggio. E infatti ecco spuntare da una curva nientemeno che il primo complesso di ALe.841 in colori xmpr in corsa prova, in sostituzione dell' ETR. Che smacco! I moccoli si sprecano e l'umore deve necessariamente ritornare sereno o un'intera giornata - sono solo le 8.30! - sarà rovinata. I tre si spostano metodicamente lungo quei 9 kilometri, sempre in cerca di inquadrature nuove, luce giusta e ottima visuale sullo spettacolare paesaggio. Altri due locali con E.636 transitano, alcuni IR con E.656 e poi giunge il "buco" mattutino. Il caldo comincia a picchiare forte e i tre si riparano sotto una breve galleria artificiale costruita come scolo di acque piovane. Stanno tranquillamente seduti su una rotaia: uno dei tre ha in mano un orario grafico fatto in casa e la situazione dei transiti è abbastanza sotto controllo.

L'ora avanza e si avvicina il transito di un locale Sulmona-Avezzano. I tre si arrampicano su un cocuzzolo e colgono un breve treno al traino di una E.645 di prima serie. Questa foto finirà poi persino come copertina di un numero della rivista iTreni.... Ritornano all'ombra della galleria e aspettano pazienti: non un goccio d'acqua ne un pò di cibo hanno a disposizione! Stanchi e accaldati ad un certo punto credono di avere allucinazioni da fame: dalla curva verso Sulmona appare un tizio alto, sulla quarantina, con una fotocamera al collo che cammina tranquillo sul binario! Fosse tutto qui! Pochi metri indietro passeggia una ragazza sulla ventina con un ombrellone sulla spalla, una donna con una borsa frigo e persino una bambina con una stuoia in saggina!!! Lo sguardo dei tre che pensavano di essere gli unici pazzi ad avventurarsi in un simile posto è indescrivibile. La famiglia passa avanti incrociando i tre increduli, tutti si salutano. La famiglia non è italiana, forse tedeschi o svizzeri. Ripresisi dalla visione i tre si apprestano a scattare ai prossimi transiti che avverranno tutti a ritmo abbastanza serrato. Un merci minimo da Sulmona con E.636, uno in senso opposto con E.645, alcuni locali svolti con ALn.668 fra cui un paio a carico di povere ALn.668.1400 che fanno veramente pena a vederle salire lungo queste rampe così ripide. I tre scattano mentre lo straniero fa altrettanto; il resto della famiglia è bellamente appollaiato su un pendio a prendere il sole e a mangiare.

La giornata sta quasi per concludersi: sono già le 17.00 ed è giunto il turno del secondo momento clou della giornata. I tre si appostano presso un bel viadotto ad archi in curva e alle loro spalle fa ingresso sulla scena l'Intercity del pomeriggio con un bel quattro pezzi di ALe.601 e rimorchi. Ancora qualche scatto e i tre sono pronti ad abbandonare questi luoghi. Come fare ora a tornare rapidamente in stazione a Goriano Sicoli? L'unica ipotesi è attraversare la galleria. Attendono il transito di un IR e poi si organizzano: ramo alla mano e una piccola torcia si mettono in fila indiana e camminando sulla passerella di servizio passano tutta la galleria: una passeggiata al buio e in un silenzio irreale che sperano rimanga tale fino all'uscita. E così sarà. In stazione salutano il Dirigente così gentile della mattina e salgono sul loro treno nel frattempo arrivato. Arriveranno a Pescara in serata, cambio e altro viaggione verso nord. Sono a pezzi, ma i due rullini di ottime foto ripagherano la fatica. Per ovvie ragioni non vi ferò i nomi di quei tre, ma non è poi così difficile indovinare...

















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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 04 Marzo 2025, 13:44:53 »
LUGLIO - "Treni sulle chiatte"

Il trasporto di carri ferroviari sulle superfici dei laghi italiani è stato un importante capitolo della nostra storia, generalmente terminato negli anni precedenti alla 2^ Guerra Mondiale. Apposite chiatte trasportavano carri da Porto Ceresio sul Lago Maggiore fino alla Svizzera, da Desenzano del Garda, da Pisogne e Iseo sulla SNFT, da Como FNM. L'ultimo esempio di questo tipo di servizio è cessato nel Gennaio 1998, a Sarnico verso Lovere (BS), portando all'estinzione un trasporto combinato del quale è stato il più duraturo caso a livello europeo.

L'origine del traffico lungo le acque del lago d'Iseo è lontana: nel 1906 Società Anonima Giovanni Andrea Gregorini - costruttrice di assi ferroviari e tranviari - costruisce in proprio e vara nel lago 4 pontoni di ferro di 35mt. che costituiscono l'inizio del trasporto di carri fra Lovere, sede della Società, e Iseo - sulla linea della SNFT - e Sarnico. Per questi servizi vengono in più volte comprati di seconda mano alcuni rimorchiatori e la flotta delle chiatte in legno, ferro o addirittura cemento armato cresce col traffico di carri. Tutti i natanti sono gestiti entro il Dicembre 1920 dalla Società di Navigazione del lago d'Iseo.

Fino agli anni '60 / '70 il servizio di trasporto carri su chiatte non conosce soste, arrivando a punte incredibili di carico a cavallo della Seconda Guerra mondiale. Con la motorizzazione di massa il trasporto merci - dopo alcune vicissitudini e passaggi societari - inizia un inarrestabile calo. Nel frattempo a Lovere si sono insediati stabilimenti della Italsider e la fornitura di ruote, assi, rotaie e scambi a FS e concesse varie continua.

Il 31 Gennaio 1998 la società di navigazione e l'Italsider abbandonano il residuo traffico, decretando la fine delle chiatte e di questo tipo di trasporto, sostituito manco a dirlo da quello su gomma. Il pontile di imbarco carri a Sarnico è parzialmente smontato e il piazzale dello scalo in riva al lago è ora un parcheggio con giardino.

Nel 1991 - data di scatto si queste fotografie - il traffico era ancora fiorente e teneva in piedi tutta la linea ferroviaria che collega Sarnico a Palazzolo s/O, lungo la Lecco-Bergamo-Brescia. Questa tratta di 10 kilometri è stata inaugurata nel 1876, per condurre le merci già allora sulle sponde del lago, dove fino all'avvento delle chiatte venivano trasbordate con lunghe operazioni. A Palazzolo s/O era distaccata una 245 del DL di Milano Smis.to appositamente utilizzata per questo servizio. I carri diretti alla Lovere Sidermeccanica poi Italsider erano in composizione ad un merci da Lecco, che giungeva a Palazzolo intorno alle 9.30, manovrando e parcheggiando i carri sul fascio binari in curva in direzione di Paratico/Sarnico. I carri erano in genere di tipo E e Vta e in alcuni casi carri a carrelli a pianale ribassato per trasporti fuori sagoma. La 245 - negli ultimi anni sostituita con un 214! - partiva verso Sarnico e percorreva la linea che vedeva così questa sola coppia di treni nell'arco della giornata, quotidianamente. Il traffico passeggeri ha infatti abbandonato questi binari sin dal 1970, quando le ultime ALn.556 Fiat cessarono la spola fra le due stazioni capolinea. Fino al ritorno dei treni viaggiatori per opera della FTI e FBS, l'unico modo per viaggiare verso Sarnico era l'autobus della SAB.

Alla velocità di 30km/h e con rallentamenti presso i PL incustoditi, la tradotta giungeva a Sarnico dopo una buona mezz'ora e subito iniziavano le manovre per separare i gruppi di carri diretti all'imbarco. Posizionatasi in coda al treno appena giunto la 245 si apprestava poi a spingere la colonna di carri lungo il raccordo col pontile, distante 200 metri dalla punta scambi della stazione ex passeggeri. Lo scalo a lago aveva 7 binari, quello più vicino alla riva era dotato di un sistema di rampe inclinate e scivoli per scaricare merce varia direttamente dai carri sulle chiatte che venivano ormeggiate lungo la banchina. I pontili articolati per il carico sulle chiatte erano invece due di cui uno già fuori uso da tempo. Lungo i binari dello scalo erano parcheggiate ulteriori file di carri per trasporto assili e alcuni carri pesa a 3 assi Vby, a beneficio della disponibilità di trasporto per i prodotti della Lovere.

Al momento dell'ingresso dei carri nello scalo, le chiatte erano già state posizionate e ormeggiate da alcune ore, ad opera di alcuni uomini e manovrate dal rimorchiatore che ha prestato servizio fino alla fine, l'Adamello. Il 245 agganciava una quaterna di pianali di servizio usati come carri scudo fra la loco e i carri da caricare e cominciava ad inoltrare lungo la rampa articolata a pendenza variabile - per compensare il livello delle acque e l'abbassamento delle chiatte quando sono cariche - gruppi di 4 carri alla volta. La capacità di trasporto di ogni chiatta era infatti limitata a 4 carri a due assi e potevano essere traghettate al massimo 6 chiatte, per un totale di 24 carri ogni viaggio. Ogni chiatta caricata veniva manovrata dal rimorchiatore e scartata, ormeggiandola ad alcuni approdi in legno presso i pontili. Al termine delle operazioni di carico era sempre il rimorchiatore e il suo equipaggio che tramite cime e funi bloccavano le 6 chiatte ai lati della nave pronta così ad iniziare il suo viaggio fino a Lovere. La navigazione durava circa 2 ore, se le condizioni meteo permettevano il carico nei normali tempi e il viaggio successivo.

La 245 proseguiva nelle sue manovre, a comporre il treno del ritorno con i carri carichi appena arrivati dalla Lovere Sidermeccanica. Nel primo pomeriggio iniziava il viaggio inverso, alla volta di Palazzolo s/O. Nel corso degli anni il traffico si è sempre più diradato: dalla quotidianità delle operazioni si passò a 4 viaggi alla settimana, poi 2 e poi l'effettuazione divenne saltuaria, all'occorenza. In questa fase i carri erano così pochi che bastava un 214 per la trazione del treno. Tutto cessò nel 1998.

Nel corso di Aprile 1991 una incredibile svolta toccò a questa linea così particolare. Un treno speciale a vapore trainato dalla 940.022 portò una marea di gitanti e appassionati nella piccola stazione di Sarnico, a risvegliare il traffico su una relazione oscura da ben 21 anni. La 940 in quella occasione andò a fare acqua approfittando del vicino lago, parcheggiandosi sul binario a lato della riva e attingendo alle acque tramite un tubo. Fu l'inizio di una nuova era i cui sviluppi siamo ben felici di vedere tutt'ora, con un servizio turistico invidiabile gestito dai volontari di FBS / FTI con mezzi leggeri storici e locomotive a vapore. Se non ci fosse stato questo riciclo, la nostra linea sarebbe ora l'ennesima voce in una lista delle linee perdute nel corso degli anni.

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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 02 Marzo 2025, 19:16:05 »
GIUGNO - "Carrara, marmo e treni"

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Nella zona costiera compresa fra i comuni di Massa, Carrara e Avenza si trova una grande concentrazione di aziende il cui settore d'attività non può che essere quello marmifero. Dalle Alpi Apuane dove sono situate le famosissime cave di marmo pregiato che una volta erano servite via ferrovia (la rimpianta e ardita "Marmifera di Carrara") i blocchi, le lastre del prezioso materiale arrivano via strada a questa miriade di società dove avvengono le più disparate lavorazioni: frantumazione, levigatura, taglio, etc.... Nel contempo si inseriscono nell'indotto di questo lavoro altre aziende che producono materiale e macchine a supporto della lavorazione marmifera, oltre che società di logistica e trasporto. Buona parte del prodotto prende la via del mare, viene caricato tramite trasporti gommati alcune volte veramente eccezionali sui grandi mercantili che attraccano al porto di Carrara (www.portodicarrara.it) per essere spediti in località portuali sparse in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, all'Africa, alla Cina. Esiste un collegamento ferroviario verso il porto che condurrebbe i treni direttamente sui moli del porto, ma attualemente non viene utilizzato.

Tutta questa area è però collegata via ferro alla linea Tirrenica e utilizza il treno come mezzo di trasporto per quei blocchi marmorei che hanno destinazioni italiche. Sulla carta sopra riportata sono indicate le tratte ferroviarie nel momento del loro massimo splendore della zona: si vede bene che la zona industriale disponeva di due diversi collegamenti con le FS, sia a Carrara, sia a Massa Zona Industriale. Si vede ancora l'antenna in curva staccarsi dalla tirrenica e piegare verso l'interno in direzione delle cave montane, ultima appendice della defunta Marmifera. Si immagina un movimento di carri imponente, con tutte quelle antenne a raccordo di moltissime industrie. La realtà attuale però è molto ridimensionata e su ferro i clienti serviti sono al massimo 4. Dopo che RFI decise di disabilitare il servizio merci di Carrara, il collegamento con le FS dei vari raccordi è rimasto unicamente quello di Massa Z.I.. L'originale ponte in cemento armato e mattoni che scavalca la linea tirrenica per collegare le industrie e est e a ovest dei binari FS è ormai in disuso, anche se ancora armato. Tutta la parte compresa fra la montagna e le FS non vede più movimento di carri da moltissimo tempo e anche le manovre rimamenti, sebbene giornaliere, sono veramente poca cosa.

Il servizio odierno funziona in questo modo: l'unica locomotiva dell'Ente Retroportuale di Carrara manovra carri pianali per le fasi di carico all'interno dell'enorme piazzale del Retroporto (T), una struttura organizzata per immagazzinare e smistare la materia prima giunta dalle cave in quantità consistente. Nel primo pomeriggio viene organizzata la tradotta verso lo scalo FS: la locomotiva dell'Ente traina una dozzina di pianali lungo tutto il raccordo base (E) passando attraverso un campo nomadi, lungo un canale scolmatore e giunge ad un raddoppio dove si ferma. A questo punto il convoglio deve necessariamente essere diviso in due, perchè la tratta che collega questo piccolo scalo con Massa Z.I. delle FS è in forte pendenza (N). Appena effettuata la prima tirata, la loco isolata torna a riprendersi gli altri carri. Se a Massa Z.I. ci sono in sosta altri pianali vuoti che dovranno prendere la direzione del Retroporto, la loco aggancierà questi carri e li porterà a destino, oppure torna isolata. Direttamente affacciata sul piccolo scalo di cui sopra c'è anche una ditta che gestisce carico e scarico di gas da cisterne ferroviarie, manovrandole con un proprio Zephir. Molto frequentemente la loco del raccordo si occupa anche di questo servizio. Ultimi due clienti serviti dalla ferrovia sono aziende di lavorazione delle lastre di marmo, situate sul ramo meno servito della zona (G) e che muovono poche decine di carri all'anno. Tutti i rimanenti raccordi e binari sono smantellati o dismessi, quando addirittura le stesse ditte non sono state chiuse e i fabbricati rasi al suolo. Fra le ditte ancora attive ma con raccordo in disuso c'è da citare la OMYA, che travasa da grossi silos su camion prodotti pulverolenti. Nel cortile giacciono 3 automotori - 3 Greco/Deutz - in attesa di un improbabile riutilizzo.

La locomotiva utilizzata in passato dall'Ente Retroportuale era un Jenbach precedentemente delle FS come 225.6009, che ora è accantonato su un tronchino dello scalo. Da metà anni '90 le FS servivano i vari raccordi con una 245, non essendoci altri mezzi atti. Nel 2004 giunge sui binari dei raccordi la nuovissima D.146.0001 costruita da Firema come capostipite del progetto D.146 poi adottato da FS nella serie .2000. Questa loco è rimasta ferma sui binari del Retroporto fino a metà 2006 a causa della mancanza di abilitazioni del personale di macchina dell'Ente. Finalmente è ora la locomotiva che s'incarica di tutti i servizi descritti fin qui. Nella speranza che le prospettive di crescita del traffico portuale si mantengano come previsto, non possiamo che pensare - e sperare - in una crescita del movimento merci in questa singolare zona industriale.

















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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 02 Marzo 2025, 19:11:27 »
MAGGIO - "Impressioni da Milano Smistamento"

E' stata un'esperienza unica e speriamo non irripetibile. Da ormai 5 mesi le trattative erano in atto, le varie parti erano in contatto e le decisioni di fondo erano già state prese. Ad ogni nuovo ostacolo solo la determinazione di alcuni appassionati e ferrovieri riusciva a fare fronte, in maniera decisa e rapida. Un ingranaggio quasi perfetto, mosso dalla volontà di tutti gli attori di questo film a raggiungere l'obiettivo. Se i 100 anni di FS sono andati colpevlmente dimenticati, almeno questa occasione doveva essere una cosa in grande! Il MERS dell'Ing. Cantamessa ci ha messo i mezzi, le tracce, la disponibilità degli uomini. DGOL ci ha messo "casa sua": un grande impianto come il DL di Milano Smistamento, che nonostante tutto il trambusto che si stava mettendo in piedi sarebbe dovuto andare avanti come tutti gli altri giorni, con la sua normale attività di gestione, riparazione e ricovero dei mezzi Cargo in servizio. I volontari di molte associazioni ci hanno messo tanto lavoro di rifinitura e di coordinamento, oltre a fare da guardia/accompagnatore durante l'apertura della mostra. Tutti i ferrovieri del deposito hanno dato prova di abnegazione e attaccamento al lavoro, facendo rinascere quella passione per il mestiere di ferroviere che a causa di tutte le buffonate manageriali degli ultimi anni s'era perso per strada. Alcuni mezzi da esporre erano in condizioni impresentabili, sporchi o coperti di graffiti e la loro sistemazione è terminata solo alcune ore prima dell'apertura. La piccola sogliola ABL.4526 del 1946 era fino a 2 settimane prima ancora abbandonata a sè stessa a Codogno. Alcune macchine che poi sono state presentate in rotonda non erano assicurate come presenza fino a pochi giorni prima, soprattutto per le E.645 della DGOl e per la E.646 della regionale, che sono state appositamente distolte dai regolari servizi per l'esposizione. I percorsi da studiare, i cartelli da preparare, la gestione degli ingressi, i turni dei volontari, la disposizione della locomotive e mille altre cose fatte di corsa, senza batter ciglio. Alle 13.00 di sabato 8 tutto era pronto e le prime persone sono arrivate nel tempio circolare del castano-isabella. Svizzeri, tedeschi, francesi, italiani da ogni dove, persino inglesi e olandesi! Un'ordinata folla che nei due giorni della festa ha toccato le 3000 persone, senza incidenti di rilievo e senza soggezioni al normale esercizio del deposito. Ho presenziato in varie postazioni entrambe le giornate, ho dispensato consigli e informazioni, ho incontrato decine e decine di persone alle quali ho potuto finalmente abbinare un volto. Il canto dei compressori, i fischi e le fumate della 625 con le sue affollatissime corsette, la gru del treno soccorso alzata e ruotata per l'occasione, la giratura sulla rotonda delle locomotive, il getto dalla colonna idraulica del 1919 impiantata a nuovo per l'occasione, la folla dei bimbi in ammirazione, il rumore di migliaia di scatti fotografici. Una kermesse mai vista che DEVE lasciare traccia nella storia come un ottimo connubio fra il mondo degli appassionati e quello della ferrovia, da troppe parti targato come un matrimonio impossibile e sconveniente. Nulla meglio di questa carrellata di fotografie per documentare lo spettacolo delle macchine sulla rotonda. Le impressioni purtroppo sono ancora non fotografabili....





































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Il PIAZZALE / Re:Photorail: gli articoli mensili del 2006
« Ultimo post da Praz© il 02 Marzo 2025, 18:35:16 »
APRILE - "Un viaggio in val di Sangro"

Il primo contatto col mondo della Sangritana, gestita dalla FAA Ferrovia Adriatico Appenino, lo ebbi nel 1992 in occasione di un viaggio fotografico in centro Italia. Viaggiavamo in auto e toccammo solamente alcune località lungo la linea. Questo già bastò a far scatatre in me la molla del desiderio di un approfondimento su questa ferrovia, così lontana dal canone moderno di "treno" e quindi così affascinante. Già nel 1993 tornai sui miei passi, questa volta in treno, e potei godermi un viaggio lungo le linee della Sangritana.

Arrivato a Lanciano la sera, trovai riposo in un albergo di questa città giovanile e movimentata. Alla mattina presto ero già in stazione, con un pò di anticipo prima della partenza del mio locale per Castel di Sangro, prevista poco dopo le 6.00. La stazione di Lanciano è una somma di aspetti tecnico-ferroviari che ogni modellista vorrebbe unire su un diorama: lunghezza dei binari contenuta, piazzale curato e esteticamente ben tenuto, fabbricato importante, deposito e tanti mezzi parcheggiati. L'Ing. Besenzanica quando progettò questa ferrovia le diede quel tocco di importanza che ancora oggi si prova entrando su questo piazzale. Sul secondo binario è parcheggiato il mio treno, costituito da una sola elettromotrice Stanga/TIBB col caratteristico design anni '50 nel tipico colore grigio/verde che questi mezzi rivestono già dalla fine degli anni '70, al posto dell'elegantissimo bianco/blu portato sino ad allora (1). Salgo a bordo della ALe, che fuori porta la tabella di destinazione scritta in eleganti caratteri in corsivo. A bordo prendo posto negli ambienti essenziali e sui sedili imbottiti, notando che oltre me posso contare solo un altro viaggiatore e la coppia di ferrovieri alla guida. In orario il capostazione ci accorda la partenza, l'unica porta a libretto si chiude e il suono di tromba grave e così tipico rimbomba fra i palazzi di una cittadina ancora addormentata. Appena partiti affrontiamo una serie di curva a mezzacosta su alcune colline alle spalle della città, accompagnati da un continuo e fastidioso sibilo dovuto allo sfregamento dei bordini delle ruote contro le rotaie in curva. Questa caratteristica ci accompagna per tutto il viaggio. Bisogna infatti ricordare che la linea attuale è frutto della trasformazione di una precedente pensata a scartamento di 950mm, costruita fra il 1912 e il 1915 ed elettrificata solo nel 1924. Le economie del primo dopoguerra imposero un semplice allargamento dello scartamento a scapito della velocità e ora questa scelta si rimpiange largamente. Il rarissimo traffico merci - abbastanza presente fino almeno a metà anni '70 - ha sempre dovuto pagare pegno a questa scelta, a causa del limite di circolazione dei carri merci. Solo quelli con il passo più corto erano ammessi, con limiti di velocità intorno ai 20km/h nientemeno! Mentre penso a questa situazione, la mia ALe prosegue tranquilla il suo viaggio, incurante della velocità, ondeggiando su rotaie da 27kg/m non saldate e in barre corte.

In un continuo susseguirsi di curve e controcurve - il raggio medio di queste scende anche fino a 100mt. - arriviamo a toccare la stazione di Castelfrentano (2). Non sale e non scende nessuno. Il caldo di questa assolata giornata di Luglio comincia già a farsi sentire, anche se è ancora mattino. Rimanendo sempre a lato della SS.84, ma affrontando molte più curve, dopo 4 chilometri circa arriviamo a Crocetta (3). La stazione è in curva, dispone di 4 binari passanti ed è isolata nel nulla: intorno solo colline a perdita d'occhio. Sostiamo per circa 10 minuti, mentre le cicale cominciano a farsi sentire. Il silenzio ci circonda, tanto che il sibilo sulle curve di un treno incrociante si comincia a sentire per parecchi minuti prima del suo arrivo. Entra in stazione un'altra elettromotrice isolata. I due capitreno si scambiano qualche battuta, si chiudono le porte e si riparte. Appena dopo la stazione uno scambio e un binario abbandonato che curva sulla destra mi ricordano la linea per Ortona, chiusa nel 1982, dove sono lasciati alle intemperie alcuni rotabili della ex FVV Ferrovia Voghera Varzi, anch'essa gestita fino alla chiusura dalla FAA. La mia panciuta elettromotrice continua su improbabili tornanti, addirittura ne affronta uno a ferro di cavallo presso una fermata a richiesta (4), serpeggia su pendii e colline coltivate, si contiene a malapena sulle strette curve, dove le rotaie per rimanere allineate ed evitare fenomeni di poligonazione sono fissate fra di loro con i normali giunti e con dei piastroni aggiuntivi saldati (5). Dopo aver percorso più di 10 chilometri senza vedere anima viva e nessun centro abitato, in un continuo e tortuoso porgere l'altra guancia al sole che passa dai finestrini, un segnale ad ala mi preannuncia la prossima stazione: Casoli. Appena oltre il segnale passiamo su un lungo viadotto rettilineo sopra il fiume Sangro, poi subito si apre il piazzale in curva della stazione, dove abbiamo un altro incrocio. Per fortuna questa volta l'altro treno è già presente e la nostra sosta dura solo un paio di minuti (6). I segnali ad ala sono un'altra caratteristica di questa linea. Ma sono inutili: sono sempre posizionati sul "via libera": i treni sono così pochi e i punti di sosta e incrocio sono gli stessi da anni. Ora viaggiamo a lato della SS.81 fino ad arrivare con una stretta curva di 90° ad incontrare un altro binario, tutto ciò che resta della linea per Atessa, chiusa nel 1979.

Da questo bivio fino alla stazione di Archi c'è un chilometro circa ed è tutto aramto con un tratto a binari compenetrati, in stile tranviario. Per risparmiare sulla gestione dello scambio in piena linea, si scelse di accomunare la sede alle due linee su binario a 4 rotaie e di posare lo scambio del bivio vero e proprio a ridosso della stazione. Ad Archi (7) sosta un'altra elettromotrice e una rimorchiata parcheggiata ancora più in là. Qui l'orario prevede una sosta di alcuni minuti: si va al bar a prendere il caffè, intanto che una corriera della FAA porta alcuni studenti a prendere il mio treno, che finalmente si ravviva un pò. Partiamo alla volta della prossima stazione, percorrendo un lungo tratto a lato del Sangro e fiancheggiando l'invaso che dopo Bomba formerà un lago artificiale. Arriviamo a Bomba e un imprevisto interrompe il mio viaggio: siamo obbligati a trasbordare su autobus e percorrere la parallela superstrada a causa di un incendio che lambisce anche la sede ferroviaria presso Colledimezzo. Il viaggio prosegue quindi in autobus, attraversiamo il punto dell'incendio, con i pompieri indaffarati a controllarlo, fino a Villa Santa Maria. Per fortuna nel mio viaggio precedente del 1992 scattai alcune foto in questo tratto, presso Colledimezzo [8] e nell'omonima stazione (9), attrezzata per permettere escursioni al lago tramite il Treno della Valle, convoglio turistico periodico. A Villa Santa Maria (10) la stazione è incastrata fra il paese e alcune pareti rocciose che fanno da culla al Sangro, proprio nel punto dove nasce il lago artificiale di Bomba. Un'altra ALe ci sta aspettando in stazione e gli orari ormai sono abbastanza stravolti. La linea affronta ora un percorso molto accidentato, a mezza costa sul fiume Sangro e fra pareti rocciose a strapiombo anche molto alte. Dopo alcune gallerie la nostra piccola elettromotrice si trova a ciondolare in cima al bellissimo viadotto di Civitaluparella, ricostruito accanto a quello originale distrutto dalla guerra in cemento armato con un'unica grande campata (11). Dopo alcuni chilometri di curve e controcurve ci fermiamo alla stazioncina di Fallo-Civitaluparella (12), dove ci fermiamo un minuto per lasciar scendere una anziana signora. Intorno il nulla, solo rocce e silenzio.

Ripartiamo e sempre serpeggiando a lato del fiume guadagnamo quota e rimanendo lungo un costone roccioso arriviamo alla stazione di Quadri, posta proprio ai piedi del paese (13). Da Quadri fino ad Ateleta, passando per Gamberale, il binario si snoda in mezzo ai boschi rimanendo sempre nel fondovalle. Dopo Ateleta ci aspettano gli ultimi 13 chilometri senza soste: transitiamo in "velocità" per la fermata di S.Pietro Avellana, perduta in mezzo ai boschi e valichiamo il Passo Cavalli in un ambiente brullo e ventoso. Siamo ormai presso la fine del nostro viaggio e siamo a quota 1000mt. Aggiriamo la cittadina di Castel di Sangro a sud fino ad affiancarci alla linea FS da Carpinone. La stazione di Castel di Sangro è divisa in due: un primo raddoppio con marciapiedi è posto di fronte al fabbricato FS, ma il nostro treno qui non sosta. Un centinaio di metri più avanti si apre il piazzale vero e proprio, molto ampio, con magazzino merci e fabbricato di tutto rispetto (14 e 15). La mia elettromotrice è finalmente arrivata. Scendo e con me i pochi viaggiatori. Si abbassa il pantografo e il mezzo viene parcheggiato sul primo binario dietro ad altre due ALe già in sosta. Un viaggio emozionante, a tratti stancante, che mi ha permesso di conoscere 87 chilometri dell'Abruzzo meno conosciuto e per questo più genuino e attraente.

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